Dopo la chiesa di San Rocco, anche quella del Carmine s’appresta a celebrare il primo anniversario della dedicazione, a Rignano Garganico. Lo si farà con la celebrazione di una Santa Messa Solenne che avrà luogo, Lunedì 22 giugno, alle ore 19.00, all’interno della cappella,
ubicata nel centralissimo Largo Palazzo, dove campeggia all’angolo dell’architettonica struttura barocca, la torre circolare di origine e fattura bizantina. A renderlo noto è stato il giovane ed attivo parroco, don Santino Di Biase dalle colonne di face book e con il solito ‘passaparola’ da parte dei fedeli e devoti. Tutto questo, in attesa della Festa annuale, che, com’è arcinoto,. si celebra il 16 luglio di ogni anno. Di solito ad essere mobilitati sono i muratori, essendo la Madonna la loro patrona. Fino allo scorso anno si cominciava nel tardo pomeriggio con la Santa Messa di ringraziamento, officiata all’aperto, seguita dall’intera cittadinanza nell’ampia piazza antistante la chiesa. Dopo di che prima il quadro santo raffigurante la Vergine con il bambino e le anime purganti, opera restaurata attribuita al Pittore Martelli e poi negli anni a seguire il simulacro in gesso, donato da una ditta locale tuttora in chiesa e portato in processione per le principali strade cittadine, accompagnato dalla tipica banda musicale. Quindi, ci si tornava a rincontrare in piazza , per seguire l’esibizione canoro – musicale del complessino di turno con il suo ricco e variegato repertorio. Allo scoccare della mezzanotte partivano i fuochi di artificio, per davvero spettacolari e prolungati come quelli della festa patronale di San Rocco. Tutto questo sta a significare, secondo i bene informati di storia e tradizioni locali, che la festa per la Madonna del Carmine non è più la solita ricorrenza di routine, ma è un segno distintivo di fede e di tradizione che appartiene ad ogni rignanese, praticante e non. Non per niente l’esclamazione – invocazione più ripetuta, specie in occasione di gravi accadimenti, è “Madonna del Carmine, aiutami!”. Ed ora ecco a riguardo un po’ di storia vicina e lontana sulla genesi e il suo sviluppo cultuale. Il primo profeta d’Israele, Elia (IX sec. a.C.), dimorando sul Monte Carmelo, ha la visione della venuta della Vergine, che si alza come una piccola nube dalla terra verso il monte, portando la pioggia e salvando Israele dalla siccità. In quella immagine si ritrovano tutti i cristiani di ieri e di oggi, fermamente convinti che la Vergine Maria, portando in sé il Verbo divino, dà la vita e la fecondità al mondo. Sullo stesso monte un gruppo di eremiti costruiscono una cappella dedicata alla Vergine. Durante le Crociate il culto, ad opera dei monaci carmelitani, si diffonde in Occidente. Nel 1726 Benedetto XIV estende la festa a tutta la Chiesa universale fissandola al 16 Luglio, lo stesso giorno in cui nel 1251 la Vergine, circondata da angeli e con il Bambino in braccio, appare al santo inglese Simone Stock, padre generale dell’Ordine, al quale dà in segno di speciale tutela uno scapolare, meglio noto come “abitino”, con promessa di assistenza materiale e spirituale a chi lo porti e pratichi astinenza, castità e preghiera. Contemporaneamente alla costruzione delle chiese in onore della Madonna del Carmine, a cavallo tra Seicento e Settecento si diffonde tra le genti del Meridione d’Italia l’usanza di indossare sotto le normali vesti l’abitino. Così anche a Rignano. E’ una pratica che resiste ancora oggi. Come accennato all’inizio, la Chiesa del Carmine di Rignano è sita nei pressi di Porta Grande, all’angolo dell’ampia piazza a due piani costituita da Largo Palazzo e dal sottostante zona tra l’anzidetta Porta e l’inizio di Corso Giannone. L’esterno non ha la minima pretesa di austerità o di imponenza di un tempio. Te ne accorgi della sua funzione solo per il tozzo ed elementare campanile, composto da due pilastrini che reggono una campana in cima ad una facciata semplice e rustica da chiesetta di campagna. L’interno, prima dei restauri fatti eseguire dal compianto arciprete Don Pasquale Granatiero. Allora “presentava due vani – secondo l’arguta descrizione che fa di essa Padre Doroteo Forte, messi insieme per combinazione, tanto ognuno andava per conto suo”. La navata principale, meglio dire vano, aveva sul fondo l’altare con la statua della Madonna del Carmine. Attraverso un arco, si accedeva nel vano laterale rialzato che aveva l’altare di S. Antonio e tantissime tombe sotterranee. Dietro la facciata vi era un organo a mantice, croce – delizia non solo del sagrestano Francesco Di Fiore, meglio conosciuto col nome di “Lu ferrare”(fabbro), che strimpellava alla meglio le note di accompagnamento al canto gregoriano in latino ma anche dei ragazzi di un tempo che si divertivano ad azionare le corpose aste del mantice. Attualmente la struttura si presenta con una sola navata, il resto è stato “sacrificato” per la realizzazione di un’accogliente canonica e nella parte sottostante di un ampio salone per riunioni e per l’archivio – biblioteca. Successivamente la statua in gesso della Madonna con il Bambino, distrutta da un incendio da una consimile in noce massiccio con gruppo realizzato nel 1981 dall’artista Nick Petruccelli di S. Marco in Lamis. Delle due grandi e settecentesche tele, dipinte ad olio che costituivano l’antico arredo della cappella, è possibile ammirare quello della Natività, messo a nuovo pochi anni or sono dall’artista Lozupone di San Severo, che campeggia nella chiesa matrice. Dell’altro, raffigurante la Venuta dei Magi, il restauro è di là da venire. Alcuni affermano che la chiesa venne realizzata dal barone Corigliano, in cambio della cappella dell’Addolorata, manomessa ed incorporata nel suo palazzo. La stessa si trovava al piano che si affaccia davanti a Porta Grande. In una platea inedita del 1763 si racconta che la figlia di Francesco Paolo Corigliano, prima di andare sposa al duca di Castelpizzuto, aveva donato alla Madonna alcuni monili ed altri ornamenti. Si presume, dunque, che all’inizio del Settecento la cappella era già esistente. Fino ai primi anni del dopoguerra pensavano alla manutenzione i soci della confraternita (antica e numerosa) che avevano per divisa un camice bianco e mozzetta rossa. Similmente ai confratelli del Purgatorio, di domenica si riunivano per cantare l’ufficio e assistere alla messa. Nel 1861 possedeva un bilancio di ben 700 lire, somma altissima per quei tempi. Come accennato all’inizio, a festeggiare la Madonna ogni anno ci pensano i muratori, che raccolgono tra i devoti i soldi necessari per onorare la loro patrona. Parimenti si fa per S. Antonio per impegno dei tanti che si fregiano di questo diffusissimo e bel nome. Dopo qualche anno di chiusura al culto e a seguito del ripristino delle nicchie, alcune statue del passato hanno ripreso il loro posto, così l’altare con le reliquie è stato riposto e ribenedetto giusto un anno fa e ridedicato appunto alla Madonna del Carmine. Tra le statue restaurate c’è anche quella di San Bernardino, un tempo venerato nella Chiesa del Purgatorio, da tempo destinata luogo di incontro e di cultura. Non a caso intitolata a Padre Pio.
N.B. Nella foto di copertina : riapertura della Chiesa del Carmine del 22.6. 2019
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.