“Il 30 aprile ricorrono i 28 anni da quel 30 aprile 1993. Bettino Craxi decise di uscire dal Raphael dall’ingresso principale, e non come gli consigliarono, da quello secondario.
Fu una scelta di libertà. Andava reso esplicito, sostenne Craxi, cosa stava avvenendo da mesi. Cioè che presto o tardi le aggressioni verbali si sarebbero trasformate in intimidazione fisica.
Dopo le monetine si attendevano le pallottole.Forze politiche estreme, eredi di culture totalitarie, si accodarono a quel clima che ha generato negli anni il tentativo, riuscito, di emarginare i Socialisti dalla politica italiana. Ne è seguita una stagione di trasformismo, che non ha rigenerato né la sinistra né la politica italiana. In fondo non si sono mai fatti i conti con quella storia.
La socialdemocrazia, intesa come movimento, dottrina sociale, esperienza politica, ha subito il trauma del passaggio epocale. La globalizzazione ha impresso un rallentamento, un affievolimento nella capacità dei socialdemocratici di spiegare la propria forza. E così, alcune istanze sono venute meno. La stessa presenza dello Stato nelle economie si è fatta più fragile.
La pandemia ha scoperchiato i limiti, le arretratezze e i vincoli di un sistema istituzionale logorato e imperfetto. Questa situazione ci ha dimostrato, quindi, la necessità che si debba porre mano a riforme di carattere istituzionale. Che sono un elemento decisivo nelle società Occidentali moderne che vogliono mantenere alto il profilo democratico e garantire un robusto grado di efficienza nella celerità delle decisioni.
Tutto questo era costitutivo del nuovo corso socialista, che avvertì prima di altri che si andava verso una società profondamente diversa. C’era già allora la necessità di svecchiare la classe politica, di un maggiore dinamismo, di avere una capacità di governare i processi e non di subirli. Oggi siamo ancora lì, al punto di partenza”. Franco Granata
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.