Stringersi le mani o abbracciarsi è un gesto spontaneo tra due o più persone. Lo si fa per saluto o per significare il proprio bene verso il prossimo, sia nel rapporto amicale o famigliare sia in quello di coppia, come espressione di sentimento, forse a titolo di anticipo di un possibile bacio o altro scambio di tenerezza corporea.
Quello dei piedi rappresenta sin dal primo momento una manifestazione prettamente intima e di tipo sessuale. Ed è per questo che se ne parla poco o per lo più tra i denti, in quanto ritenuta moralmente sconcia, alla pari dell’atto sessuale vero e proprio. Ma non si tratta solo di questo. Nei tempi antichi, specie nelle case povere, dove era difficile reperire legna a sufficienza per i camini o carbone per i bracieri famigliari, era una pratica naturale assai in uso tra marito e moglie.
Lo si faceva, in questo caso, non tanto per soddisfare un bisogno di intimità, quanto per riscaldarsi o riscaldare il letto, prima di addormentarsi o di ospitare il figlio più piccolo prima di trasferirlo nella culla contigua o nel lettino. Era un ‘modus operandi’ in uso in tutto il Gargano, specie durante i mesi invernali allorché la bora spirava forte e dentro casa vi entrava facilmente a causa delle malmesse porte e finestre. Tuttavia, nonostante oggi non c’è abitazione senza riscaldamento adeguato, la ‘stretta dei piedi’ continua ad essere praticata, specie tra le coppie di una certa età, sopraffatti dalla fugacità del tempo e dal cuore che batte.
Ad interpretarne il sentimento comune ci prova questa volta Alexis, poeta di San Marco da alcuni anni in auge per le sue originali ed avvertite composizioni. Lo fa con i suoi versi sciolti ed aritmici che tutti conoscono da un pezzo, dedicando al tema una poesia bene azzeccata. Si esprime in dialetto, la sua lingua preferita quando da svelare sono, come in questo caso i sentimenti più profondi e per di più riguardano l’oggetto del suo eterno desiderio, il congiunto, quello che non invecchia mai, per via dell’amore che lega l’uno all’altro e che si riflette con uguale intensità verso i figli e i nipoti. Il componimento s’intitola “Pure si so’ fridde”, ossia anche se sono freddi, i piedi. Quello di appoggiare i piedi a quelli dell’altra è ormai un’abitudine di vita. Tant’è che l’autore se ne accorge, anche quando è solo nel letto. Infatti, i piedi, come se parlassero ed avessero in corpo tanta voglia di dire, si muovono e cercano quelli dell’altra. Solo dopo averli trovati o convinto di averlo fatto, si addormenta e sogna la sua diletta. I suoi piedi, dice, hanno quel fuoco tiepido che scalda, ma non ti brucia.
Ecco il testo: “ Quanne vaje a durmì / da sule, sènza de té, me / mànca sentì li péde tova / che vanne truuanne li pede mija / C’appojne sope e ddà / rumanene sine a cché / non t’addurme, e pure / si so’ fridde sénte ancora”. Si tratta di – si direbbe – “un fuoco che scalda si, ma non ti scotta“. Poesia, pubblicata in italiano, qualche anno fa. Oggigiorno la “stretta” di piedi, come tutte le altre manifestazioni di tipo fisico, fanno parte del vocabolario della comunicazione non verbale.
Un sistema, quest’ultimo, assai diffuso nel mondo, specie di questi tempi in cui prevale il social. Tra l’altro, incrociare le braccia e accavallare le gambe, vengono percepiti come segnali difensivi oppure di apprezzamento se si toccano, per esempio, i capelli o si passa la lingua sulle labbra. Secondo gli studi psicologici effettuati, in questo sarebbero assai più brave le donne, possedendo un ampio repertorio di segnali e assai abili nel decodificare quelli altrui. Per di più il gentil sesso avrebbe comportamenti più sottili ed elaborati rispetto a quelli dei suoi coetanei maschi. Insomma, evviva le donne!
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.