Dante sbarca in Rai anche in virtù di un garganico di lusso nella campo della poesia italiana e dialettale, in particolare. Il riferimento è a Francesco Granatiero, classe 1949, medico-poeta di origine mattinatese, ma dal 1972 a Torino e nel suo interland, principalmente a Rivoli, dove esercita la sua professione di dirigente medico.
Forte del suo “Giargianese”, opera antologica presentata per il 25 Novembre 2006 nella sua Mattinata. Precisamente nei locali dell’ex e noto Ristorante “Papone”, dove partecipò anche chi scrive. Qui a tessere le lodi del poeta e nel contempo la critica dell’opera erano stati nell’ordine: Domenico Cofano, già titolare di Letteratura Italiana all’Università di Foggia; Pietro Saggese, professore di Lettere alle Superiori di Rodi e Sebastiano Valerio, professore associato in materia pure all’Università foggiana.
Giargianese presenta in prima di copertina Dante, Pasolini e D’Annunzio. Di Dante oltre al primo Canto dell’Inferno, viene tradotto in dialetto garganico “Tanto gentile e tanto onesta pare...”; di Pasolini due poesie friulane; di D’Annunzio “La pioggia nel pineto”. Quella del Giargianese, secondo il suo dire, “ è la lingua tout court…iniziatica… rivoluzionaria, un dire a a volte straniante che si interroga e che sconvolge ogni convenzione…Una mirabile antologia della poesia italiana…dalle origini a oggi…”. In essa viene trasfuso il meglio dei dialetti garganici. ,,”. Dopo questa esperienza egli entra a pieno titolo nel firmamento dei traduttori in dialetto delle opere e degli autori più famosi della Letteratura Italiana.
Ed è per questo che, convocato in Rai, accetta volentieri di partecipare al programma di Rai Radio 3 “La Lingua batte”, in onda la domenica dalle ore 10,45. Lo stesso dallo scorso anno è condotto da Paolo Di Paolo. Ad intervistare l’interessato e la giornalista Cristina Faloci. Le domande riguardano esclusivamente la Divina Commedia Dantesca e della sua influenza nei vari dialetti italiani. Un buon gioco per lui, che conosce bene Dante e la sua Commedia. Si fa accenno ai secoli più vicini al grande Poeta, dove la sua influenza è alquanto episodica, dominato il periodo com’è, dalla Gerusalemme Liberata. Durante l’illuminismo, il primo periodo che coincide con il medio evo è completamente ignorato, ritenuto com’è un secolo buio.
L’opera dantesca viene riscoperta in tutta la sua profondità e bellezza formale solo nell’Ottocento. Per cui la traduzione dialettale – precisa il Granatiero – diventa un delizioso passatempo per tantissimi poeti. In primis c’è il milanese Carlo Porta. Quest’ultimo traduce all’inizio con altro metrico. La lettura di Dante è concepita come esercizio e base della propria opera. Riguardo il contenuto la poesia dei traduttori interpreta lo “spirito del tempo “ ovvero il cammino civile religioso. Il II Ottocento ha invece come contenuto il patriottismo, ossia il Risorgimento. La lingua di Dante contamina tutti . Giuseppe Cappelli, veneziano, traduce frantumando i versi danteschi, assimilandoli. Riesce a comporre una commedia famigliare, cogliendo a pieno la traduzione esometrica e mantenendo invariato l’uso dell’endecasillabo.
Granatiero, nelle sue risposte riesce a mettere d’accordo le parlate locali, piemontese, veneto, ecc. individuando nella Divina Commedia, i vari vocaboli di riferimento dialettale, per esempio “mo” al posto ora, usata sia al Nord, sia al Sud, oppure iuso e suso, al posto di sotto e sopra. Poi c’è mastro al posto di maestro, usato sia nei mestieri, sia in campo educativo ed intellettuale. Si sofferma poi, sulle parole piemontesi, come ‘cavagna’ (paniere), le pugliesi e garganiche, in particolare, come : ‘ammucciato’ (nascosto), pèsele (sospeso). L’intervistato, evidenzia le ‘affinità dantesche’ del dialetto napoletano. Tra l’altro, frate, ecc. Tira fuori, ancora, le parole calabresi.
I traduttori, secondo il mattinatese, appartengono a diversi strati sociali e professionali. Si riscontrano religiosi, filosofi, carbonai, contadini, ecc. Insomma, la popolarità di Dante, coinvolge anche gli strati più bassi. Altrettanto i territori. Di traduzioni dantesche si interessano prima le grandi città come Milano, Venezia, Roma, ecc. Poi le ‘versioni’ si fanno sempre più locali. Tuttavia il vero e proprio boom della poesia dialettale e del rapporto con l’opera dantesca, si ha negli anni ‘70 in coincidenza con il boom economico.
Da allora in poi, il rapporto in termini di importanza tra Italiano e dialetto tende a capovolgersi e a spingere molti a riscoprire la valenza della lingua dialettale, quella che interpreta al meglio i sentimenti più profondi dell’animo umano. Da qui l’avvento delle periferie e la riscoperta della cosiddetta civiltà contadina, che sta via scomparendo.
Sull’argomento Granatiero ci dà le sue fresche nuove tramite il messaggio che segue: “Sui trasferimenti della Commedia ci sono una infinità di autori. Ne parlo molto ampiamente in saggio uscito su ‘Dante’, una rivista accademica nazionale. Altri due saggi sono pronti per altre due riviste dello stesso tenore. Per questo sono stato intervistato (il 21 marzo scorso). Ne parlerò alle Università di Bari e Brescia”.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.