Antonio Pettolino, uno dei più grandi specialisti della psichiatria moderna in provincia di Foggia, da poche ore non c’è più.
Se ne è tornato al padre nel primo pomeriggio odierno a Casa Sollievo della Sofferenza in San Giovanni Rotondo. E questo, dopo aver strenuamente combattuto contro il suo male oscuro, prima in quel di Roma e poi a San Marco in Lamis, città di vita e di residenza da sempre. Chi scrive l’aveva incontrato l’ultima volta circa un anno fa in corso Matteotti, davanti al Banco di Napoli. Qui dopo essersi confessati entrambi sul loro stato di salute, si erano salutati sentitamente, come due inseparabili amici. Ero convinto che lo facesse solo per me. Ma non era vero, in quanto la disponibilità dell’amico Pettolino era a prova di bomba. Dopo di che si erano perse le nostre tracce per via degli eterni problemi di famiglia e sociali. Tonino, non era il medico arrogante che ti esclude puntualmente dal suo sapere, ma aveva un carattere umile alla portata di mano, ossia sempre disponibile ad aiutare il prossimo. Per questo motivo era bene accetto sia dai colleghi (Matteo Draisci e gentile consorte, Massimo Tardio e via via tutti gli altri.) sia dai suoi pazienti. Classe 1949, si era laureato giovanissimo in Medicina e a ruota di anni si era specializzato in psichiatria con uno studio particolare sulle nuove tecniche basagliane. Le stesse che contribuiranno alla chiusura definitiva dei cosiddetti manicomi e al recupero immediato dei malati di mente, la cui malattia comincia ad essere considerata alla stregua di qualsiasi altra malattia. Nel 1978, sposa la sua coltivata fiamma Marilena Soccio, la quale dopo essersi abilitata per l’esercizio della professione forense, partecipa e vince il concorso pubblico per l’accesso alla carriera di segretaria comunale. Carriera che sarà svolta quasi del tutto nel vicino centro di Rignano Garganico, considerato dal l’uno e dall’altro, come loro città di adozione, per antonomasia. Qui sono conosciuti ed amati da tutti sino all’ultimo momento del pensionamento della moglie e di lui stesso. Il Pettolino, dirige prima il locale Centro di Salute Mentale e poi il Servizio territoriale di diagnosi e cura psichiatrico , aggregato all’Ospedale “Umberto I”, non a caso considerato il terzo polo della provincia e l’unico all’avanguardia per quei tempi nel credere e mettere in essere la prassi basagliana, prima della chiusura definitiva, ope legis, dei manicomi. Antonio e Marilena, partecipano attivamente alle battaglie politiche e sociali degli anni’80 e alla condivisione delle relative opere, come la fondazione del “Bel Lombroso”, associazione che unisce famiglie e pazienti con l’intento di superare il gap del difficile inserimento di questi ultimi nella società. Ciò lo fa attraverso il volontariato, il lavoro e l’arte in senso lato. Il predetto sodalizio è ancora attivo nella loro città. Dal matrimonio nascono tre figlie, tra cui Maria Lea, che, come i genitori, dimostra da subito la sua inclinazione verso il sociale e la politica in genere. Con il pensionamento e l’abbandono dell’attività pubblica, spesso ognuno si isola, dedicandosi animo e corpo al privato. Per Antonio e Marilena non è stato sempre così, ma il loro ruolo si è arricchito di umanità, esercitando ognuno al meglio il pregnante ruolo di nonni e riprendendo semmai di tanto in tanto qualche loro antico hobby, sempre voluto ma mai coltivato durante la vita attiva per mancanza di tempo e concentrazione, come per esempio il ballo, la lettura e la cultura in genere. Tanto al fine di ottenere piacevoli benefici e soddisfazioni non solo sul piano spirituale. S’intitola “Estasi e pittura“ una delle sue attività culturali di rilievo, svoltasi qualche anno fa. Si tratta di una personale delle opere che Michele Potenza aveva tenuto, con successo di critica e di pubblico al Centro Ludico di Via Pozzo Grande, in città. A promuovere il tutto, con la sponsorizzazione dell’Amministrazione Comunale ci aveva pensato, lo scomparso, fermamente intenzionato a riportare in auge il locale e circolo associativo “Bel Lombroso”. Quest’ultimo, creato nel 1988 dagli utenti e dalle rispettive famiglie affascinati dalle teorie e pratiche terapeutiche di cui fanno parte utenti e famiglie. Sono creazioni “nude e crude”, dove l’artista coglie l’essenza delle cose e dell’umanità, senza i fronzoli della tecnica, scrive a suo tempo in proposito il critico Nicola Maria Spagnoli. A suo dire l’autore rifugge da essa, quasi che si trattasse di una vera e propria contaminazione. Nell’anzidetta mostra si riscopre una particolare bellezza, tangibile e fruibile, specie da parte del grosso pubblico. Le opere trasfigurano e vanno in estasi, attraverso l’alone di luce che li circonda. Lo stesso Spagnoli le definisce “morandiane” le “nature morte” (boccali, piatti, frutta, ecc.) che l’autore raffigura con singolare semplicità plastica ed espressiva. Il dottor Pettolino, quello che aveva seguito in tutto e per tutto l’evoluzione e la resurrezione dell’ “uomo-artista” su Potenza, esprime il suo pensiero-giudizio affermando, come abbiamo avuto modo di accennare a tempo debito <<La prima cosa che mi ha colpito di questa “pittura dell’estasi”, così come descritta da Michele, è il modo come egli raggiunge questo stato psichico: l’ascolto di musica che lo coinvolge e lo sconvolge emotivamente fino a fargli raggiungere un senso di completo benessere interiore, di distacco perfetto della mente dal corpo, di concentrazione totale sull’atto del dipingere>>. Pettolino era questo, con gli umili e i disgraziati, come i malati di mente, egli sapeva spendersi e comprendere. Molti di essi ne traevano vantaggio e spesso guarivano. Addio, Tonino, la tua lezione di vita e di professione resterà indimenticabile ed attiva nel ricordo nostro e delle future generazioni! Alla moglie Marilena e all’intera famiglia, vanno le sentite condoglianze della redazione.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.