C’era una volta la corsa ‘campestre’, a San Marco in Lamis. Era e resta ancora una disciplina principe nei programmi di Educazione Fisica nelle Scuole Superiori in genere. Lo era anche nei tempi andati al Liceo Classico”Pietro Giannone” della città. Prestigioso Istituto Superiore, quest’ultimo, frequentato, ieri ed oggi, da personaggi illustri di tutti i campi, compresi Antonio Pio Saracino, noto architetto di fama mondiale, e Giuseppe Conte, assurto ai massimi livelli nazionali, per i suoi alti incarichi di Governo e di partito.
Negli anni ‘60 ad insegnare la disciplina era ‘Gigino Capuano, un prof esperto in questa ed in altre materie, tipo politica e giornalismo. Non a caso era segretario di lungo corso della locale sezione DC e nel contempo corrispondente de La Gazzetta del Mezzogiorno. Lo fu sino ai primi anni’80, allorché fu soppiantato da chi scrive, che ne proseguì la funzione – servizio nel distretto fino ai tempi nostri.
Verso la fine dell’anno scolastico si sosteneva una vera e propria gara individuale. Normalmente lo si faceva per inviare alle competizioni provinciali i primi classificati della manifestazione. In prima Liceo, capitò anche a Ottavio di correre.
Furono convocati dal Prof in Villa Comunale, il cui percorso interno, di solito occupato quotidianamente dagli sfaccendati di qualsiasi età, comprese le giovani coppie, quelle di solito ai primi amori. Ottavio ricorda non solo uno dei suoi primi innamoramenti, ma anche alcune di quelli di coppie di adulti. Tra gli altri, quello del futuro Prof. di Lettere e poi Preside, che si intratteneva con la sua cara nel viale Nord, quello più appartato, che si concludeva con i gabinetti pubblici sul lato Est, compresa la principale porta di ingresso in ferro battuto, al pari del recinto esterno, situata di fronte al Palazzetto della Scuola Media dell’epoca.
Qui, Ottavio e Rosetta perdevano tempo mano nella mano e di tanto in tanto scambiandosi qualche furtivo bacio, quando si decideva di marinare. Lei, appena tredicenne sviluppata, frequentava appunto la seconda classe dell’anzidetta Scuola Media. Lui giovane fatto. Ovviamente Lei ‘marinava‘ per sfuggire alla Calenza, severa prof di Lettere, famosa a quel tempo per le bocciature di tipo morale, al pari di quelle del preside del Magistrale di San Giovanni Rotondo, amico devoto di Padre Pio, Lui perché impreparato di questa o quella materia.
Entrambi i ‘prof’ erano considerati da alunni e genitori censori terribili. Tant’è, che alcuni dell’uno e l’altro sesso, si leccano ancora oggi le ferite, conseguenti alle ingiuste bocciature. Essendo la Villa di forma quadrangolare, il giro interno completo è lungo più di trecento metri. Per cui per compiere l’intero percorso della ‘campestre’, dai mille e cinquecento metri in su, occorreva compiere cinque giri esatti.
Il nostro protagonista aveva come compagno di classe, L.P., due anni in meno di lui, allora, diciasettenne giocatore di grido del ‘Foggia Incedit’ di Oronzo Pugliese, squadra di serie “B” che, promossa in A qualche anno dopo, batterà addirittura l’Inter, campione del mondo. Il nostro L.P. fin dai primi anni si dimostrerà un valente attaccante. Segnerà puntualmente anche nella categoria superiore.
Nel giorno prestabilito del mese di aprile, Ottavio e i suoi compagni si trovarono tutti in Villa. Il prof., con il suo orologio-cronometro in mano, dopo aver rispiegato appuntino le norme di regolamento della gara, li fece mettere in linea di partenza. Erano una decina in tutto. Il resto correrà nella seconda manche.
Tra questi c’era L.P., che, irruente e sicuro di sé, come era il suo immodificabile carattere, si inginocchiò sul suo lato destro. Quindi il prof diede il via con il suo arbitrale fischietto e si avviarono. Il giovane liceale si trovò sin dalle mosse iniziali in prima linea, superando ad uno ad uno tutti i suoi concorrenti, compreso il grande calciatore, che da subito si mise alle sue calcagna, sicuro di superarlo da un momento all’altro.
Ottavio, passò il primo giro senza difficoltà alcuna, così pure il secondo e il terzo, incoraggiato nell’ardua impresa (almeno per me) dagli applausi dei compagni rimasti ai bordi come spettatori. Al quarto cominciò ad avvertire pesantezza alle gambe e il primo affanno. Temeva di non farcela e di abbandonare tutto da un momento all’altro. Per cui cominciò il quinto ed ultimo girò senza fiato alcuno, ma con tanta voglia in corpo di vincere. La stessa che in cuor suo regnava sovrana: voleva battere ad ogni costo uno dei suoi rivali più allenati, il calciatore, appunto.
Strinse, pertanto,i denti e proseguì il suo percorso sino alla fine, varcando il traguardo, salutato da applausi a non finire. A questo punto, anzi ché essere soddisfatto, si buttò a terra stremato. Vi rimase appena pochi minuti, ma dopo piano piano si rialzò e riuscì in un baleno a rimettersi a posto, grazie anche ad una lunga bevuta, fatta alla vicina fontanella, la stessa a cui si ricorreva quando si faceva colazione in Villa, noi forestieri!
L.P., intanto, si rodeva dentro, essendo stato sconfitto da uno che non solo non gli era pari nello sport, ma anche nell’ atletica scolastica in genere, fatta soprattutto di salto in alto e di 60, massimo 100 metri, a corsa. Il rivale, dal canto suo, non digerì da subito la sconfitta, ma si assentò da scuola diversi giorni per smaltire il suo profondo dissapore.
Una volta capitò ad Ottavio di giocare una partita di calcio contro il rivale. Ci si scontrava tra la compagine di San Giovanni Rotondo, dove c’erano anche i rignanesi, contro il Sammarco, dominato appunto da L.P. Ottavio e Francesco, il futuro e stimato prof. di Lettere Classiche, che non c’è più, compagni stretti fin dall’infanzia, svolgevano il ruolo di terzini.
Pertanto, quando il capitano del Sammarco, appunto, L.P. incorreva nell’area del San Giovanni-Rignano, i due difensori uscivano allo scoperto, uno afferrando letteralmente l’attaccante L.P. e l’altro, che era Ottavio, gli rubava puntualmente il pallone, allontanandolo dalla loro porta. La prova ebbe il medesimo risultato per ben tre volte. Al termine, L.P., e la sua squadra furono sconfitti con un goal di scarto, segnato da Palladino, il rosso, un sangiovannese doc in materia. Per cui anche in questo caso, l’interessato per una settimana circa non guardò più in faccia i suoi rivali.
Dopo, Ottavio e L.S. diventarono amici e compagni per la pelle. Ottavio gli fece conoscere e frequentare le sue inseparabili amiche del gruppo, le più belle del reame, tanto da fare impazzire (per davvero!) più di un sammarchese, giovane ed adulto che sia, persino un prof. Una addirittura se lo portò persino all’altare.
L.P. negli anni a venire, sempre dello stesso paese, s’innamorò perdutamente di un’altra bella donzella, allora in terza media. Fanciulla, quest’ultima, che alcuni anni dopo emigrò altrove con l’immagine nel cuore del grande calciatore.
E alla pari, pure lui, che non solo non la rivedrà più, continuerà a sognarla e a desiderarla in ogni momento e poi della sua vita errabonda di uomo, di calciatore e di dirigente pubblico.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.