Un tempo i Santi non si lasciavano mai soli in chiesa o alla venerazione di pochi fedeli, a Rignano Garganico.
Spesso venivano portati in processione sia in occasione del loro santo nome, sia durante le commemorazioni di altri santi ed eventi religiosi importanti e praticati.Il riferimento è soprattutto ai Santi Patroni del paese, come l’Assunta e San Rocco, ma anche quando arrivava in paese la Madonna di Cristo, venerata da secoli nell’omonima e storica cappella ai piedi della montagna.
Lo scopriamo da una vecchia e sgualcita fotografia – quasi tutta al maschile, tranne i due soggetti femminili che si intravedono nel piano sovrastante – è ritratto l’intero Largo Palazzo, così com’era nel primo dopoguerra, al di là della torre, quando non c’era ancora il mercato coperto, ma un semplice muraglione di sostegno.
Il primo santo a dx è San Luigi, quello in fondo San Rocco. La prima statua era custodita al Purgatorio (ora Auditorium “P. Antonio Fania”), l’altro, recentemente restaurato, patrono del paese, continua ad essere venerato, invece, nell’omonima Chiesa. Si nota, poi, a sinistra un figuro imponente di uomo con tanto di barba che rappresenta certamente San Giuseppe. Statua, quest’ultima, custodita a suo tempo nella Chiesa del Carmine, come la Madonna e Sant’Antonio da Padova.
San Luigi era assai caro ai ragazzi degli anni’50, specie a quelli com’è che, a turno alterno, servivano le Sante Messe al Purgatorio, in attesa di entrare in collegio dai benedettini o dai francescani. Alla vigilia della partenza mia e dell’attuale Padre Gabriele, forse avvertendo in me una carenza vocazionale, lo pregai di inviarmi un qualche segnale, che fu di diniego. Così non partii.
A quel tempo, il predetto Largo Palazzo era luogo di incontro e di festa per antonomasia. Qui si svolgeva il mercato all’aperto, come l’ortofrutticolo e l’ittico, assolto in modo fisso da un empatico sammarchese di cognome Martino, ma per tutti “Pilicane“. Faceva su e giù su e giù con un carretto, trainato, da un malandato ronzino, che correva in discesa, ma arrancava in salita. Tant’è che si coniò il detto – proverbio “Somigli al cavallo di Pilicane”, per deriderne la lentezza o la fretta.
Nel medesimo Largo si affacciavano una serie di bassi con altri esercizi commerciali. Tra l’altro: l’emporio di Giacinto, dove si trovava tutto, dalla frutta al baccalà; più in là, ai piedi della torre nello spiazzo superiore, era attiva la fabbrica delle gazzose di Michelangelo, primo gelataio del paese, in seguito passata ai Pizzichetti. Sul lato opposto là dove sta l’ex titolare di tessuti, Giovanna D’Alessandro, c’era la bottega del fabbro ferraio dei Pizzichetti.
Fuori, a dritta e a manca, asini, muli e qualche raro cavallo, pronti ad essere ferrati. Era una scena unica che attraeva noi ragazzi del tempo! A chi scrive, ancora di più, perché qui fuori orario scolastico, aiutava il genitore (Salvatore) e gli altri fratelli maggiori, Giovanni, mio coetaneo e compagno di scuola, nonché cugino di Vincenzo e di Valentino, pure loro compagni di scuola, distintosi in altri impegni professionali ed ancora viventi.
Giovanni era un artista nato, che guardavamo con molto interesse e un pizzico d’invidia. Una volta, costruì un perfetto aratro in miniatura che spopolò alla mostra collettiva di fine d’anno. Dopo la licenza elementare, attratto dall’esempio di uno zio famoso in campo, fu internato in un collegio Salesiano in Roma. Qui si distinse da subito negli studi, ma non raggiungerà mai l’ambito traguardo finale, perché morirà a 18 anni per un malore.
Fatti i compiti, quasi ogni giorno, ci ritrovavamo in zona per curiosare e nel contempo aiutare i Pizzichetti. Qualche volta, il capo o chi per lui, per ferrare al meglio il suo quadrupede quotidiano, ci chiedeva di sorreggere la sckocca, ossia la forzata museruola per tenere a bada l’animale. Ci si divertiva un mondo. L’esercizio, infatti, oltre a rafforzare i muscoli delle braccia, serviva anche a scaricare i nostri naturali istinti di dominio. E così crescevamo al meglio nel fisico e nella psiche.
N.B. La foto in menzione comparirà tra non molto in una mostra con tante altre foto antiche, così come lo fu, in una manifestazione pro gioventù francescana negli anni ’80 e, al fine di non disperderne la memoria, il tutto sarà riprodotto in un apposito catalogo. Chi vive, vedrà!
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.