Antonio Mastrillo, scomparso 23 anni fa, era un personaggio assai in auge negli anni dal dopoguerra fino a tutti gli anni ’70 e ’80, a Rignano Garganico. Lo era soprattutto per i suoi cento mestieri, in particolare per la sua esperita arte di parrucchiere, alias barbiere tutto fare, di cui si dirà.
Egli nasce, in paese, il 12 gennaio 1905 da Michele Mastrillo, calzolaio, e da Raffaela Novelli, famiglia povera sì, ma assai laboriosa. A nove anni, dopo aver compiuto appena il secondo anno delle Elementari, viene mandato a padrone, come si diceva al quel tempo, al soldo dei De Maio, che avevano alla contrada Puzzella, odierna Caso, una grande ed avviata azienda agricola, dove ci si occupa, oltre che delle colture cerealicole, anche di allevamenti di vario tipo e stazza. Al ragazzo è affidata la custodia dei cavalli, mestiere che, data l’età, egli esercita con piacere. Vi resta per alcuni anni.
Dopo di che, ormai adulto, viene mandato nella vicina San Marco in Lamis ad apprendere il mestiere di ‘barbiere’ al Salone di ‘Totonno Gianpriamo’ stimato maestro di razza di ieri e di oggi, grazie ai suoi valenti discendenti. Allora, a S. Marco in Lamis, i Barbieri nei tempi morti usano dilettarsi a suonare chitarre, mandolini e talvolta anche violini. Insieme ai barbieri fanno la stessa cosa anche gli altri artigiani di punta, come calzolai, falegnami, muratori, ecc. Si formano dei veri e propri gruppi musicali, che poi vengono chiamati di volta in volta ad allietare le varie feste di paese, quasi sempre in casa, soprattutto per battesimi, cresime, fidanzamenti e matrimoni.
Il giovane Antonio, preferisce la chitarra e di essa diventa un provetto suonatore. Nel 1932, a 27 anni, inizia l’attività di barbiere, a Rignano, in un mini-locale del centralissimo Corso Giannone 5, ricavato da un sottoscala. In seguito ne acquisterà un altro più grande sul fronte opposto. Il primo Salone misura due metri x quattro. Ciò nonostante, l’inaugurazione si svolge in pompa magna, con tanto di cartolina Postale come biglietto da visita e musica.
Nelle case si usava di solito il grammofono con dischi a 78 giri che venivano erosi e consumati da puntine di acciaio, che anche loro si consumavano, e che lui stesso vendeva. L’interessato, per arrotondare il guadagno, oltre all’attività di barbiere, avvia anche la vendita di profumi, saponette, cipria e brillantina, acquistata, come si evince da un biglietto-fattura, conservato caramente, assieme a tutti gli altri documenti e fotografie dal figlio Angelantonio, il 15 gennaio 1933 dalla Ditta Dolcetti & Genevois, di Napoli. Nel contempo, tra il 7 e il 13 febbraio 1933, acquista dalla Ditta Castorina di Catania, sempre per posta, corde di chitarre e di mandolini insieme alle penne in celluloide. Materiale che oltre a usare per sé come chitarrista, vende anche agli altri compagni e amici suonatori.
Negli stessi anni, compra e vende le punte per grammofono che acquista tramite le ditte Di Pace di Taranto e soprattutto Nazari di Milano da cui fino al 1936 acquista anche cinture, bretelle, cravatte, bottoni, cartoline postali, specchietti e altro. Inoltra si rifornisce di scarpe e sandali vari dalle ditte G.Quaranta di Napoli, A.Mottola di Foggia e A. Cella di S.Severo, quindi di berretti e baschi da N.Signorile di Bari e G.DiGirolamo di Napoli. Il tutto per poter aumentare i guadagni oltre ai tagli di barba e capelli. Nel salone non mancava mai il giornale settimanale La Domenica del Corriere, di cui era assiduo lettore e per se e per i clienti.
Seguono gli anni di guerra. Il 30 gennaio 1938, a 33 anni, si arruola come volontario nelle “Camicie Nere”, ovvero M.V.S.N. Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Precisamente è inquadrato nella 648^ Legione, CC.NN di Puglia. Il24 aprile dello stesso anno imbarcato a Napoli e sbarco a Massaua (Eritrea). Il 30 gennaio 1940, a 35 anni, assegnato al 13° Battaglione CC.NN. Fra i commilitoni vi sono anche i Rignanesi: Giovanni Del Conte (lu pustire), Francesco Resta, Saverio Nardella, Alessandro Gaggiano e altri. Durante la sua permanenza nelle zone belliche, il soldato Mastrillo è impegnato costantemente nell’improvvisata barberia da campo. Il lavoro è intervallato da canti e suoni eseguite da gruppi musicali improvvisati e dal grammofono, come si nota da una splendida fotografia di insieme, anch’essa tratta dal bene conservato archivio di famiglia.
Il 20 maggio 1941, a 36 anni, dopo la resa delle truppe italiane ad Amba Alagi (Africa Orientale Italiana), il soldato – barbiere viene fatto prigioniero dagli Inglesi e inviato in Gran Bretagna, a Londra (nel campo PW 125 del Italian Labour Battalion) e Glasgow, dove rimane al soldo dei vincitori a compiere i lavori più pesanti nei vari settori della produzione e ricostruzione. Il 31 dicembre del 1945, a 40 anni, dopo 4 anni di prigionia, è rimpatriato in Italia e congedato il 28 febbraio dell’anno successivo e riprende subito l’attività di Barbiere, rifornendosi il 29 aprile 1946 di attrezzature per il salone dalle ditte Toffolon di Loria (TV), C.Galluzzi di Codogno (MI) e la solita Nazari di Milano.
Nell’autunno del medesimo anno contrae il matrimonio con Nunzia Draisci, di 29 anni, vicina di casa, che gli dona due figli: Michele nel giugno 1947 e Angelantonio a novembre 1952.
Risulta che in agosto 1949 si rifornisce dalla ditta di Ludovico Cera di S. Marco, di un consistente numero di corde per chitarre, per mandolino e penne per chitarre e mandolini. Oltre che di puntine per grammofono. Alla famiglia, manca una casa. Presto fatto. Infatti, il 4 dicembre del 1950, papà Antonio acquista da Ester Ricci un panoramico appartamento in Vico S. Paolo. Da qui dalle rispettive finestre la famigliola potrà contemplare in ogni momento del giorno potrà toccare con mano lo splendido panorama sul Tavoliere sottostante e i dintorni.
Il protagonista ha 47 anni. Casa e lavoro. Il 29 settembre 1954, soddisfa l’esigenza del secondo problema, acquistando il sottoscala in Corso Giannone 5, che aveva già in fitto per uso Salone, che sarà accresciuto con l’acquisto di un altro locale dirimpettaio più ampio, come già accennato, da Antonio De Maio. Lo stesso costituiva l’ex barberia dell’anziano Pontonio. Il tutto avviene il 6 ottobre 1960.
Due anni dopo, nel 1962 all’età di 57 anni, come tanti altri emigra in Germania, a Wildbad, con l’intento di guadagnare di più e soddisfare così le esigenze moderne della famiglia. Impegnato, come operaio edile, vi resta per circa due anni. Col gruzzolo ricavato dal sudore della sua fronte pensa bene di ampliare il suo appartamentino, acquisendo per Lire 100 mila, un vano a piano terra A questo punto, ritorna al suo lavoro usato nella barberia di Corso Giannone, 6, rifornendolo di merce varie per la vendita (berretti, cinture, stelle filanti, cartoline varie, dentifricio, creme, saponi, brillantina, profumi e lacche, talco, pettini, lamette e rasoi, e altro ancora.
Si ricordano le suonate immemorabili insieme al suo collega Barbiere, Michele Saracino, che oltre alla chitarra suonava anche il sassofono. Il suo è un mestiere che l’accompagna per tutta la vita.
Un cruccio che ha sempre avuto è che nessuno dei sui figli ha voluto proseguire con il suo mestiere di Barbiere; nonostante gli avesse insegnato il mestiere ad entrambi – tanto che nelle feste canoniche di Natale, Pasqua e Ferragosto, quando il paese si ripopolava e le clientela aumentava – nel Salone erano tutti e tre a darsi da fare per tagliare capelli.
Ed ora ecco di seguito alcuni aneddoti di genere vario vissuti in prima persona dal nostro protagonista e ricordati e raccontati con appropriatezza e sentimento dal figlio Angelantonio.
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<<Mio padre non mi ha mai voluto dire per quale Partito votava. Si sapeva che la sua famiglia, Mastrillo, era simpatizzante per il PCI e che invece quella di mia madre, dei Draisci, per la DC. Dopo mie insistenze, mi ha raccontato questo episodio, che è esemplificativo: “durante un periodo di elezioni, negli anni ’60, sono capitati – casualmente – nel mio Salone i tre rappresentanti dei maggiori partiti di allora, come DC, PCI, MSI, con il tentativo di convincermi a votare per uno dei loro partiti. Allora gli ho detto: io vado fuori a fumarmi una sigaretta, così voi avete tempo per decidere a chi di voi devo dare il mio voto. Rientrato nel Salone, prendo atto che non hanno fatto alcun accordo e quindi gli dico che il mio voto è e resterà segreto per tutti”. E’ così è stato, per sempre … Per la sua attività di pubblico esercizio, la riservatezza era un valore assoluto.
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Due fratelli adolescenti, Giovanni e Michele, si presentano al Salone per tagliarsi i capelli e dicono: “nostro padre ci ha detto che ci devi far pagare la metà, dato che siamo in due”. D’accordo gli ha risposto lui e ha fatto il taglio dei capelli, ma a Giovanni solo la parte destra e a Michele solo quella sinistra, esattamente la metà per ognuno.
Meravigliati e spiazzati i ragazzi, che tentavano di farsi un gruzzoletto proprio, hanno capito… e quindi subito pagato l’intera cifra, ottenendo alla fine il taglio completo.
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Ho un ricordo indelebile, di quando avevo 8-9 anni quindi a fine anni 50, della compagnia frequentata da mio padre, sia nella cantina che per altre attività, in cui mi coinvolgeva spesso. Intanto per lezioni di aritmetica, per terra davanti al salone con dei sassolini; grande maestro, lui che aveva fatto appena la seconda elementare.
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Un episodio vissuto direttamente è quello di una delle periodiche “uscite” che facevano insieme lui, l’altro Barbiere Michele Saracino e il calzolaio Vincenzo Nardella.
Quando si dice l’affiatamento …
Partimmo per 3 giorni in campagna “alla Pugghije”, dove vivevano nuclei famigliari ad alta numerosità sia in Poderi assegnati dallo Stato che a servizio di possidenti locali. Quando arrivavano i due Barbieri e lu scarpare, questi avevano un bel da fare, anche per girare nei vari posti, principalmente a tagliare capelli e a riparare scarponi.
Spesso, i mezzadri e contadini, non potendo pagare in monete, godevano di “sconti” che ricompensavano con beni di consumo alimentare. E quando si ritornava a Rignano arrivavamo stracolmi di bottiglie di latte, vino, olio, uova e frutta varia.
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La triste circostanza della morte dei sui clienti. A volte succedeva, che davanti al piatto in tavola, veniva chiamato per la morte di qualcuno, e lasciava tutto in tronco per correre a prendere l’attrezzatura al Salone. Che cosa andasse fare non l’ho mai saputo, ma una preparazione adeguata della salma era da immaginarsela, come pure comporre i parenti con immediato taglio di capelli e barba. A seguire la fornitura di oggetti di circostanza per il funerale, come scarpe, coppola, fascia per il braccio, bottone per il petto e cravatta, tutte rigorosamente in nero, che facevano parte della sua licenza di commercio. E per restare sul tema, quando passava il corteo funebre verso e dalla Chiesa Madre, chiudeva porta e portone in segno di rispetto, indipendentemente che il defunto fosse o no suo cliente.
Oltre all’attività di Barbiere, si occupava anche di una di tipo sanitario, praticando il salasso. Rigorosamente e solo su prescrizione e sotto controllo del Medico condotto, Don Matteo Fischetti (il Dott. era poco conosciuto e usato dal popolo), che gli aveva insegnato la procedura di incisione in campo sterile. Utilizzava un apposito strumento, che ora ho conservato io, che in dialetto si chiamava “scrucchett” e in italiano Scarificatore, con 8 lame di acciaio inox. Una volta, avevo 8-9 anni mi fece assistere alla procedura davanti a una ampolla di vetro come ventosa, in cui bruciava alcool per creare il vuoto e aspirare.
In alternativa, e sempre su indicazione del medico condotto Fischetti, applicava le sanguisughe che andava personalmente a pescare nel Candelaro. Le sanguisughe erano in due vasetti di vetro, esposti su due armadietti bianchi del Salone.
Come si può rilevare nella bibliografia mondiale questa attività simil “sanitaria” dei Barbieri era riconosciuta ufficialmente. Come è noto, nel 1215, il Papa emise un decreto che indicava i barbieri come “maestri” nell’operazione del salasso.
Questi, i Barbieri, avevano le attrezzature necessarie all’esecuzione della flebotomia, ed oltre che tagliare i capelli potevano estrarre denti e attaccare le sanguisughe sul corpo dei pazienti. La scelta dei Barbieri fu probabilmente causata dalla loro abilità nell’uso del rasoio: presumendo che sapessero fare benissimo ad usarlo, si pensò che potessero essere i più indicati a fare anche il salasso.
Quindi una vera e propria arte “sanitaria”, in qualche modo ereditata prima da me e poi dalla nipote Carmela, come Tecnici di Neurofisiopatologia ora a Parma; ma, soprattutto presa da mia figlia Nunzia che, come Podologa fa largo uso di bisturi e similari, forbici, pinzette e tronchesini. E l’abilità e la mano di Nunzia, che si è laureata in Podologia a Bologna dove lavora, è proprio pari a quella del nonno, di quando faceva i Salassi o tagliava la barba con estrema decisione e riconosciuta leggerezza … di cui qualcuno dei Rignanesi più anziani se ne ricorda ancora.
Per concludere, il Mastrillo, grazie alla sua arte, oltre ad essere stimato dai suoi commilitoni durante la guerra e la prigionia, lo è stato ancora di più nella vita civile grazie alla sua forte carica di umanità e di altruismo.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.