Torna a far discutere la situazione epidemiologica, a Rignano Garganico. E questo all’indomani delle feste pasquali appena sfumate.
A tirare fuori il tema è stato lo stesso primo cittadino, Luigi Di Fiore che, vivamente preoccupato dello status quo, è intervenuto sul tema dal suo profilo facebook con un approfondito ‘aggiornamento’, datato 5 aprile. In esso fa notare subito che nel giro di appena quindici giorni i casi di infezione sono passati da 1 solo a 22, numero che starebbe crescendo di ora in ora. Ciò starebbe a dimostrare che qualcosa non avrebbe funzionato e che i freni messi dall’ultimo decreto governativo, durante le precorse festività, forse presi dall’entusiasmo, sarebbero stati del tutto allentati o addirittura ignorati.
Sarebbe bastato che tutti avessero praticato le famose tre “regolette” come le chiama lui, ormai imparate a memoria per effetto delle comunicazioni ufficiali a ripetizione e soprattutto per applicazione. Ovviamente si tratta del lavaggio delle mani, della mascherina e del distanziamento almeno di un metro, ma in special modo – sottolinea il sindaco- “restare in casa e uscire solo quando è davvero necessario”, ossia per fare la spesa alimentare o per motivi sanitari.
“Prima Prima di invocare, anche giustamente, maggiori controlli, ognuno prenda coscienza di ciò che ha fatto di sbagliato e lo faccia in silenzio, senza esternazioni o attacchi sui social che non sono degne di un paese normale. In questo momento difficile ci vuole la collaborazione di tutti. Ognuno deve fare la sua parte, badando anzitutto al proprio comportamento…”.
Tale aumento di infezioni, a parte il clima delle festività del tutto represso per effetto della cancellazione di tutte le iniziative sia religiose, sia profane, come la processione del Venerdì Santo, la notte della Resurrezione, la Pasquetta, la Madonna di Cristo, di cui abbiamo già scritto, sarebbe avvenuto per effetto della conoscenza diretta di ognuno e della parentela, a cui talvolta non si può che sottostare. Si può dire in proposito che il paese è di per sé una grande famiglia. Quindi che la crescita sarebbe avvenuta senza volerlo. Assembramenti? Pochissimi o nessuno, secondo i bene informati.
Sugli effetti e le cause, insomma, se ne discute ad uffa, sempre sui social, perché il “passa parola” verbale è limitato al massimo e ’scappa’ a distanza e con ‘mugugni’ solo durante gli acquisti nei negozi alimentari. Secondo taluni commentatori ‘social’ l’incomunicabilità sul tema sarebbe dovuta ad una sorta di ‘vergogna’ da parte di chi è positivo o ha parenti positivi. Per cui vige una sorta di impropria ‘omertà’ che impedisce di essere prudenti e di osservare le dovute precauzioni.
In proposito un navigatore incallito e conoscitore della nostra realtà (di cui omettiamo il nome per privacy), rivolto al sindaco, scrive, tra l’altro”: “ Caro Luigi, non sono solita sollevare polemiche o accordarmi a quelle già in corso, ma stavolta non riesco proprio a tacere. La cosa che vedo di più è una certa omertà nel prendersi le responsabilità di chi si è incontrato, di quello che si è fatto, di avere tamponi pendenti e continuare a fare finta di nulla. Le notizie fanno il giro del mondo in poco tempo, possono essere chiacchiere fino a che non si leggono dati oggettivi di questo tipo…”. Sottolinea, quindi: “ Aver contratto il Covid non è una colpa, può succedere a chiunque, perciò anche prendersi le proprie responsabilità rientra nelle cose da fare…”.
A suo dire, la catena dei contagi sarebbe “a maglie strette” e che ‘questo maligno’ ossia il Virus “sfinisce fisicamente e psicologicamente”. Insomma, siamo corretti e prudenti e soprattutto non appena possibile andiamo tutti a vaccinarci e la guerra sarà vinta!
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.