La Madonna di Cristo apparve ad un’orfanella tanti anni fa nelle campagne di Rignano Garganico.
Si sa da fonte storica che la cappella della Madonna di Cristo ai piedi di Rignano Garganico, nel 1176 esisteva già, quale possedimento dell’antica Abbazia benedettina di S. Giovanni in Lamis (attuale Convento di San Matteo), ma poco si sa dell’Apparizione della Vergine, in altri casi affidata ad un improvviso e miracoloso ritrovamento dell’effigie in questo o quello luogo. Molto spesso la scoperta coincideva con un vero e proprio quadro proveniente dall’Oriente e salvato dalla persecuzione iconoclastica.
La storia – leggenda, di cui si dirà non segue questo filone tradizionale, ma si innesta su un episodio forse accaduto per davvero e tramandato per storia orale di generazione in generazione, fino a quando Giulio Ricci, un precoce e promettente narratore del secolo scorso non la fissò nel suo romanzo di stile verista Rosedda, pubblicato nel 1889 e ristampato in edizione ampliata, a cura di chi scrive e con disegni di Maria Rosaria Del Re, nel 2001.
Ecco il racconto: “Viveva nel villaggio (Rignano Garganico) un’orfana bella, come una madonnina di pittore fiammingo, sottile, delicata, vaporosa come una miniatura con le pomelle del colore di ciliegia, con i denti bianchi di avorio; e quest’orfanella non aveva al mondo nessuno che la proteggesse, nessuno che le donasse un poco di pane, nessuno che le offrisse un posticino ai piedi del proprio letto. Come tutte le miserabili, ella si recava ogni mattina prima che il sole si fosse affacciato sulla punta alta di monte Celano (San Marco in Lamis), nel Vernale (località scoscesa nei pressi del paese) e quivi raccoglieva frasche secche, e le ammonticchiava e ne faceva dei piccoli fastelli che vendeva nel dì seguente per otto soldi. Un giorno, il secondo dopo Pasqua (Martedì in Albis, giorno in cui si celebra l’attuale festa della Madonna di Cristo), venne per caso nel bosco in su le ventitre ore. L’aria era quieta, tranquilla, non si udiva altro che lo stormir degli olmi, immersi ne l’ombra che lentamente, solennemente scendeva dai monti; sulle rupi coperte da caprifoglio selvatico scherzavano in mille colori gli ultimi raggi del tramonto. Ad un tratto la fanciulla si arrestò meravigliata innanzi ad una donna bella come quell’ora; tutta vestita di bianco come schiuma delle onde, circondata da un nimbo di gelsomini, che camminava leggermente sulla sommità alta delle erbe al pari di una visione, senza farne piegare i gambi. Piano, piano le si avvicinò e con una dolcezza arcana, paradisiaca nella voce flebile come il gorgheggio degli usignolo nella valle, disse: – che fai? Fanciulla, sotto a questi alberi tristi ed in un’ora tanto inoltrata? – Fasci di frasche secche, rispose lei! – poveretta! Mormorò quella donna; avvicinati ai rosolacci dei cespugli e toccali con le mani. L’orfana così fece ed i fiori si mutarono in pane. Ella ne mangiò o un quattro o cinque, poi s’inginocchiò ai piedi di quell’apparizione, le baciò il lembo della veste e le domandò: – Siete voi la Madonna di cristo? Dite siete voi madonna mia? Perché non mi fate morire? – Sì, rispose essa, sono la madre di Dio!. Poi prese la mano destra e legò a tre dita, tre nastri, uno bianco, uno rosso e l’altro verde. – Questi nastri sono segni di tre grandi processioni che voglio; tu, torna al villaggio e narra a don Giovannantonio quanto hai visto. L’aria si oscurò ad un tratto, e la madonna accompagnò con gli occhi la fanciulla, la quale ancora tutta presa da meraviglia, bussò alla porta del parrocchiano mentre la grossa campana suonava un’ora di notte. La mattina si fece molto parlare…”
Tutti si recarono in processione nella valle. Si costruì un altare, si cantò il Te Deum, ma la Madonna si fece attendere invano e tornarono al paese. Passarono tre mesi e la povera orfana una mattina fu trovata morta dietro le porte della parrocchia, “coperta da una nuvola di rose e giacinti freschi, tra le cui foglie luccicavano come diamanti le stille di rugiada…”.
La storia si diffuse in tutto il circondario. Il parroco predicò che la madonna voleva una casa e che per questo avrebbe concesso molte grazie e molti miracoli. Qualche giorno dopo si radunò una folla di fedeli, provenienti anche da San Marco in Lamis e San Giovanni Rotondo, tutti scalzi e con le vesti lacere e i cilizi alla vita in segno di penitenza, discesero la montagna e si recarono per pregare nel luogo dell’apparizione o forse più giù dove su un poggio sorge attualmente la chiesetta, al di sotto della quale c’è una irraggiungibile caverna, sito che diede origine in seguito ad un’altra versione della leggenda, cioè che la Vergine fosse apparsa, non si sa come e a chi, proprio in questo posto.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.