Quello di sarta e di ricamatrice un tempo era uno dei mestieri nobili al femminile tra più ambiti del paese.
Era paragonabile a quello degli studenti. Anzi di solito si apparentavano tra di loro con fidanzamenti e storie di amore, spesso inconcluse, perché finivano allorché i giovani andavano via per gli Studi Superiori o l’Università. Ora sono figure più o meno scomparse con la produzione e vendita dei vestiti di serie e con l’avvento nell’arte del ricamo della macchina al posto del caratteristico telaio stenditore e dell’ago e filo. Di maestre che si tramandavano spesso il mestiere tra madre e figlia erano poche ma brave ed attiravano presso le loro case, trasformate all’uopo in sartorie e luoghi di ricamo, un nugolo di allieve. Non tutte arrivavano ad apprendere il mestiere sino in fondo, anche perché le ragazze a quel tempo si sposavano giovanissime e quella loro esperienza serviva solo per l’esigenza della famiglia. Di sarte o di maestre ricamatrici che hanno segnato nella storia del paese al momento n’è rimasta una sola. Si chiama Concetta Pellegrino, detta Palumbo, dal nome della madre una pasionaria ‘comunista’ assai attiva negli anni ’50 e ’60, come sarta. Da lei ha ereditato l’intraprendenza e la voglia di fare, mentre dal padre la puntualità o meglio la “parola”, a cui non bisogna mai venire meno, anche quando la stessa è in conflitto con i nostri interessi. Sin da piccola, Concetta, viene allevata al mestiere dalla madre. Dapprima è impegnata nell’apprendimento saltuario, ma dopo la licenza elementare, a tempo pieno. A casa, apprende l’arte del taglio e cucito in breve tempo e poi anche quella del ricamo. A quattordici anni conosce il futuro marito Sappantonio Gravina (1921) del posto, da poco arruolato come carabiniere. Lo conosce durante una licenza. È un bel giovane di cui s’innamora perdutamente. Dopo nove anni di andate e ritorni, in termini di permessi e licenze, finalmente giunge il fatidico giorno del matrimonio, celebrato in pompa magna nella rinascimentale Chiesa Matrice dell’Assunta il 21 settembre 1950. Dopo un anno circa l’unione è perfezionata con la nascita di una bellissima bambina, che si chiamerà Rosetta, come la nonna zia Rosa, detta Marana. Per gli anni a seguire la maestra Concetta o meglio la comare Concetta continua ad alternare il lavoro di maestra con quella di mamma. La sua casa è sempre piena di apprendiste. Qui si ricama di tutto, compreso i corredi da sposa. L’azienda familiare eccelle anche in questo campo con il taglio e la cucitura degli abiti normali femminili di adulte e bambine. Qualche volta si confezionano anche pantaloncini o vestiti completi di qualche bambino. Concetta ha, oltre alla mano esperta, anche l’occhio. In un baleno riesce a disegnare a memoria il progetto dell’opera. Nei casi più complicati anche lei fa ricorso ad una maestra che ne sa di più. Si tratta di Donatella Demaio, una brava sarta che lascerà il paese, negli anni ’60, per sistemarsi assieme alla famiglia in Francia. Intanto, il suo Sappantonio si congeda dall’Arma e trova il suo posto, come salariato fisso presso una masseria dei Ricci. Così passano gli anni. La sua casa è frequentata dall’intero paese, non solo per il lavoro che svolge, ma anche per i saggi consigli che la maestra riesce ad elargire su qualsiasi problema sia di lavoro che di vita. Tant’è che molti per riconoscenza sono orgogliosi e felici di suggellare il rapporto di amicizia con lei, trasformandolo in quello di compare e comare di cresima, battesimo o di fede o anello (matrimonio). Nel corso degli anni, perde dapprima i genitori e poi anche il marito. Soffre assai, ma non si arrende mai. Ogni volta si rialza e riprende da subito il lavoro usato. Lo fa anche negli ultimi anni, allorché scompaiono ad uno ad uno sorelle e fratelli. Ora della sua numerosa famiglia, le è rimasta solo la sorella Nannina, la prof per antonomasia, in quanto è l’unica in famiglia ad aver conquistato la laurea e ad aver insegnato a scuola per tutta la vita. Ora la nostra maestra ha 90 anni ed è pronta a festeggiare in pompa magna il suo compleanno con l’intero paese, a cui è molto legata per via diretta, di cui si è già scritto, e per via indiretta, in quanto il genero Vito Di Carlo, oltre ad essere, un infermiere conteso per la sua estrema disponibilità e bravura, è stato per cinque anni e fino a luglio 2017 il sindaco ammirato e rispettato dall’intera comunità. La festa in parola sarà celebrata il 23 dicembre prossimo. Da poco Concetta è anche nonna e bisnonna di due nipoti e pronipoti. Non ci resta, come testata giornalistica, che augurare a lei tanti anni ancora e all’intera famiglia i più avvertiti sentimenti di vicinanza e di gioia.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.