Anche Rignano Garganico s’appresta a ricordare in modo stabile e duraturo uno dei più grandi ed importanti personaggi della sua storia. Si tratta di Giuseppe Montesano, il questore di polizia più famoso ed intraprendente d’Italia. Lo farà facendo affiggere una targa – ricordo sul frontespizio dell’abitazione di famiglia. Precisamente quella che porta il numero civico 25 in Vico Giano, stradina cieca che sfocia nel centralissimo Corso Giannone, alias ”piazza”, cuore ancora pulsante del centro storico di origine e fattura medievale.
E’ quanto riferiscono gli organizzatori di Borgo Divino 2024 (www.borgodivino.org) che quest’anno dedicheranno una targa commemorativa non solo a Montesano, ma anche ad altri personaggi illustri del passato rignanese, che si sono distinti in Italia e all’estero.
Qui sono nati ed hanno vissuto l’omonimo nonno del questore Giuseppe Antonio (prima moglie: Feliciana Gisolfi), la nonna Maria Michela Martelli (seconda moglie) e fino alla loro prima gioventù, il padre Vincenzo (26.01.1900 – Foggia, 24.01.1995) gli zii P. Ippolito (al secolo Matteo, nato 30.09.1892), valente francescano, e le zie Alessandra in Antonio Lazzaro Stilla (31.10.1886 – 11.12.1934)) e Maria Rosa in Giovanni Di Gregorio (12.10.1881- 1.01.1939), figlia della già citata prima moglie Gisolfi), entrambe note e stimate in paese per aver dato al casato illustri eredi in ogni campo.
Vincenzo, dopo aver frequentato regolarmente le scuole elementari del paese, fa l’autodidatta. A vent’anni riesce ad ottenere il diploma tecnico di ragioniere e partecipa ad innumerevoli concorsi. Vince, poi, quello di Faeto, dove lo troviamo come segretario comunale qualche anno dopo. Qui si innamora perdutamente di Lidia Rubino, donna di famiglia bene del posto, che dopo alcuni anni di fidanzamento, sposa il 16 giugno 1927. Due anni dopo svolge il medesimo impiego ad Ascoli Satriano.
Per una strana coincidenza, il suo posto precedente è occupato da un altro rignanese. Si chiama Gaetano Di Gregorio (1898 – 1981), coetaneo e parente acquisito, che seguirà in tutto e per tutto le sue orme. Infatti, sposerà pure lui una donna del posto, prima di andare ad esercitare per sempre lo stesso mestiere nel paese natale. Il destino sarà, invece, diverso per Vincenzo, che svolgerà il suo mestiere di burocrate – guida in mezza Italia. Tra l’altro, a: Sannicandro Garganico, Monopoli, Bisceglie, ecc. Infine è ad Imola, dove vi resterà sino al pensionamento, ottenendo, come ai rileva dai giornali di cronaca del luogo, una serie di riconoscimenti pubblici al merito.
Ed è ad Ascoli Satriano che nasce il 10 luglio 1930 il suo primogenito, Giuseppe Antonio (luogo casuale, per via dell’obbligo a risiedere dovuta alla professione di segretario comunale pro tempore del padre Vincenzo). Giuseppe, a scuola va veloce, riuscendo a superare a due a due gli anni di studio di Elementari, Medie e Superiori e poi l’Università, quella di Bari, dove si laurea a vent’anni con il massimo dei voti in Giurisprudenza sotto la docenza di Aldo Moro.
Dopo di che in contrasto con il padre che lo voleva un valido avvocato, egli decide di seguire giovanissimo la carriera di polizia. Come riferiscono alcuni giornali al momento della sua morte, egli non amava i lavori sedentari e preferiva quelli rischiosi. In pochi anni diviene capo della squadra mobile di Bologna. Passa poi a Torino, la città che lo vede a capo della Criminalpol piemontese.“Capello ondulato perfettamente pettinato all’indietro, bello sguardo reso interessante da un immancabile paio di occhiali di tartaruga, l’orologio e l’anello d’oro, scapolo, colto, gran lavoratore, fumatore eccezionale, ottime letture, indolente ed eccellente poliziotto” . – Così lo descrive il giornalista Giampiero Moscato del Corriere della Sera –.
In breve tempo diventa famoso a Torino. Nel 1972 è coinvolto in una “querelle” giudiziaria dopo una operazione di polizia contro l traffico di quadri rubati. È accusato di aver pagato un informatore. Alla fine ne esce pulito. Nel 1979 diviene questore d’Italia: ha appena 49 anni. Inizia così il suo peregrinare nelle zone più pericolose dello Stivale, tra cui Sassari, Cagliari, Venezia, Palermo e Brescia. Torna a Bologna nel 1987. Qui vive la lotta diretta contro la Mafia, che tentava di infiltrarsi in Emilia Romagna.
Tra le tante iniziative contro la criminalità organizzata, da registrare l’arresto di una trentina di mafiosi in tutta Italia (una banda in contatto con noti narcotrafficanti del Sudamerica). Deve poi, affrontare la dura stagione delle rapine sanguinare nella medesima regione ad opera della “Banda delle Coop”. Nel 1989 è nominato prefetto. È un infaticabile lavoratore, il primo a raggiungere l’ufficio, l’ultimo ad andarsene.
Ogni tanto torna a Rignano per abbracciare parenti ed amici e per trascorrere ore di spensieratezza. Al paese, nonostante sia vissuto quasi sempre lontano, si sente assai legato. A confermarlo è Paolo Gentile, studente di ingegneria, nel periodo che il Montesano è capo della mobile a Torino. Egli racconta che quando il commissario era libero ci teneva a passeggiare con lui. Gli piaceva il dialetto, le conoscenze e i racconti che gli parlavano di Rignano, oltre ai piatti tipici e agli alimenti quotidiani, come per esempio il pane ammassato in casa.
Il Montesano è uno degli investigatori più noti della storia contemporanea italiana. A lui sono dedicati tre romanzi (“A che punto è la notte”, “La donna della domenica”, di Carlo Fruttero e Franco Lucentini, e “Il commissario di Torino”, di Riccardo e Piero Novelli e persino due film di Luigi Comencini (con Marcello Mastroianni, “La donna della domenica”) e di Romolo Guerrieri (con Enrico Maria Salerno, “Un uomo una città“). Egli scompare per un male incurabile nel capoluogo emiliano il 20 maggio 1990. Qualche anno prima aveva sposato il suo unico amore, Adriana Di Lullo, che, in collaborazione con altri autori, scriverà molto sulla vita del marito. Le spoglie “cremate” del famoso poliziotto nel settembre 2023 sono trasferite, su richiesta delle autorità del Capoluogo piemontese, dal Cimitero Monumentale di Bologna a quello di Torino, sua prima città di adozione.
Il papà Vincenzo, ormai solo, è quasi stroncato dal dolore, essendogli venuti meno negli anni precedenti, dapprima la moglie Lidia e poi la figlia Carmen, giornalista vaticanista, entrambe sepolte a Faeto. Carmen aveva sposato un impiegato di lingua tedesca presso il Vaticano, dal quale ha un figlio, di cui non si ha alcuna notizia. Vincenzo, dopo aver trascorso i suoi ultimi anni di vita, verrà meno il 24 gennaio 1995 nella Casa di Riposo “Maria Grazia Barone” in Foggia, amorevolmente assistito dai nipoti di Rignano.
Non a caso le sue spoglie, dopo solenni e partecipati funerali, saranno tumulate nel cimitero del suo paese presso la tomba di famiglia, (murale estremo del Cimitero – Est) accanto al citato fratello Padre Ippolito e agli altri famigliari stretti.
Bibliografia
*dal libro: Angelo ed Antonio Del Vecchio, Dal Paese al Mondo / Storie di vita di emigrati di Rignano Garganico, Araiani, 2006, pp. 25-26-27.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.