Di seguito il racconto tra “ieri ed oggi” che ci fa Antonio Monte, originario di Sannicandro Garganico, ma che da tempo, dopo una vita attiva di lavoro dipendente nel settore bancario, vive stabilmente in pensione a Varazze (Liguria) e quando il tempo è umido o freddo emigra volentieri nelle Canarie, per godersi al caldo la sua vecchiaia e sfuggire ai malanni della stessa. E questo a differenza di quelli che restano, che si arrangiano come possono in lavori vari e poi quando le forze vengono del tutto a mancare, si affidano alla benedetta “Assistenza Domiciliare Integrata“, alias ADI, assistiti in tutto a casa loro.
Assistenza, la stessa, benedetta sì, perché assai apprezzata dai destinatari che continuano a vivere tra i loro luoghi e ricordi. Un sistema, quest’ultimo, che, peraltro, fa risparmiare molti soldi allo Stato perché evita l’inutile e costoso parcheggio degli anziani interessati negli ospedali e case di cura. Il buon cammino, specie nel Gargano e particolarmente a Rignano Garganico, il più piccolo Comune del Parco Nazionale del Gargano, è considerato un’esperienza estremamente positiva sia dai diretti interessati sia dai famigliari e dalla gente che gira attorno a vario titolo. Il massimo si deve, comunque, al personale impegnato in campo, ben preparato, ma soprattutto ben motivato. Maschi e femmine dell’équipe sono i nuovi angeli della casa, che donano non solo cure al corpo, ma anche affetto, delicatezza e comprensione dal sapore caldo ed umano.
Ecco, lo scritto di Monte. “Un tempo all’anziano era consentito consigliare ed era il vero protagonista familiare. Ultimati i lavori dell’orto e della vigna, dopo aver fatto scorta della legna, trascorreva le lunghe serate davanti al camino, raccontando favole al più piccino. Di giorno, si sedeva attorno al braciere che fungeva da salotto, con in testa il berretto e sulle spalle il cappotto. Il braciere era fatto di ottone inserito su un tondo tavolato da appoggiare i piedi per essere riscaldati. Il luogo era ristretto e la brace riscaldava l’affetto, ogni suo detto entrava in altrui petto. Attorno a quel fuoco tutte le fanciulle erano operose con aghi, telai e fusi si preparavano il corredo da spose. L’anziano narrava compiaciuto il suo vissuto, soleva per principio evidenziare ogni suo spirito di sacrificio. Le sue fatiche rappresentavano vere lezioni di vita così come ogni sua smorfia era gradita. L’intimità e il calore generati da quel fuoco, sono stati sostituiti a poco a poco dai telefoni, dalle televisioni e dai termosifoni.
L’anziano è diventato un vero impiccio, sgridato per ogni suo pasticcio. Il pensionato però che economicamente non si è fatto del tutto asciugare inizia a viaggiare, scegliendo la località adatta alla sua disponibilità. Il risparmio del guadagno lo utilizza per il proprio fabbisogno. Appena arriva l’umida stagione si attiva per l’emigrazione. L’autunno mette malinconia risvegliando i dolori della sciatalgia. Con il risparmio del riscaldamento si paga l’affitto dell’appartamento, ne beneficia la sua vitalità, allontanandosi dall’inquinamento della città, si dà una scossa per arrecare beneficio alle proprie ossa. Va dove l’inverno è mite, dove le passeggiate al sole sono gradite. Dopo tanti anni di sudori e di lavoro si è meritevoli dell’adeguato ristoro. Va a confrontarsi con altre conoscenze e per acquisire nuove esperienze. Il volo è presto prenotato ed anche il bagaglio è preparato.
E’ tempo di migrare si abbandonano il condominio e il malcontento familiare. Con in tasca gli occhiali da vista inizia il viaggio sulla pista lungo il rettilineo cementato, dopo essersi a Dio raccomandato. Si viaggia in alto inizia a togliere la ruggine allo smalto, viaggia per non sentirsi di peso, per non essere più offeso. Ad alt velocità per tagliare il vuoto, in cui l’enigma dell’equilibrio resta sempre il moto, si viaggia in alto verso un’altra realtà, lasciando alle spalle il rumore convulso della città. Le nuvole silenti tengono compagnia aiutando a dimenticare il caos e la frenesia; sembrano tante pecorelle che si abbracciano come sorelle. Dall’alto i monti e le valli appaiono in miniatura, tutto il panorama terrestre sembra una pittura.
Quando l’apparecchio sorvola l’enorme specchio dell’oceano atlantico, riaffiora il panico, con sguardo avvilente e si fissa il salvagente. Si scongiura la cattiva sorte, stringendo la mano alla propria consorte, come quando le forti vibrazioni creano emozioni mostrando alla compagna buon viso, ricevendo la smorfia di sorriso. L’occhio si sofferma sull’enorme specchio, il regno di altri esseri viventi che migrano anch’essi indifferenti alla ricerca della flora e nuova dimora. Si riflette come l’acqua e la terra si siano scambiati di posizione, giostrati dal movimento di rotazione. Una cruda realtà avvenuta secoli fa, notizie racchiuse nella memoria immortalate nella storia. Per intanto si viaggia nel cielo infinito con sguardo smarrito, con la fede nel cuore affidandosi alla volontà del Signore capace di far raggiungere qualsiasi destinazione.
Tutti fermi – avvertono gli addetti dell’equipaggio – siamo prossimi all’atterraggio! Si sganciano i carrelli, sono proprio quelli, i primi a prendere contatto con la terra e avviene l’urlo liberatorio del fine guerra”.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.