Presto sarà intitolata ad Antonio Raimondo Pettolino la sede del Centro di Igiene Mentale (CIM) di San Marco in Lamis. Il sanitario, qui nato il 9 settembre del 1948, era venuto meno il 23 ottobre 2020 a Casa Sollievo in San Giovanni Rotondo, dove era ricoverato, reduce da un breve ed intenso ricovero in quel di Roma.
A rendere noto l’evento e la motivazione è un deliberato del Direttore Generale dell’Asl di Foggia, Antonio Giuseppe Nigri, reso pubblico su Puglia Salute. Tanto su richiesta del medico – psichiatra, Claudio R.M. Massaro, direttore del S,C, CSM di San Severo, San Marco in Lamis e Vico del Gargano. Tanto, per onorare la memoria dello specialista scomparso, considerato “psichiatra basagliano” per antonomasia, nella teoria e nella pratica, tanto da essere quando era ancora all’apice dell’attività uno dei più grandi della sanità pugliese in generale. Ancora top secret la data della titolazione. Si attende in merito una nota dell’ASL di Foggia.
Tonino, lo chiamavano e si faceva chiamare dagli amici e dagli stessi pazienti, che lo adoravano tutti. E questo grazie al suo carattere buono ed altruista. Non era affatto il medico arrogante che ti esclude puntualmente dal suo sapere, ma aveva un carattere umile alla portata di mano, ossia sempre disponibile ad aiutare il prossimo. Per questo motivo era bene accetto anche dagli altri sanitari e specialisti che gli giravano intorno, con i quali aveva combattuto fin dall’inizio della sua attività garganica, per portare all’avanguardia il suo credo di trasformazione della psichiatria dai tecnicismi alla pratica attiva di comprensione e di assistenza del male mentale. Il riferimento è ai Massimo Tardio, ai Matteo Draisci (anche lui scomparso) e coniuge, e a tanti altri che hanno collaborato con lui durante questa annosa trasformazione dalla medicina al sociale.
Il Pettolino si era laureato giovanissimo in Medicina e a ruota di anni si era specializzato in psichiatria con uno studio particolare sulle nuove tecniche basagliane. Le stesse che contribuiranno alla chiusura definitiva dei cosiddetti manicomi e al recupero immediato dei malati di mente, la cui malattia comincia ad essere considerata alla stregua di qualsiasi altra malattia.
Nel 1978, egli sposa la sua coltivata fiamma Marilena Soccio, la quale dopo essersi abilitata per l’esercizio della professione forense, partecipa e vince il concorso pubblico per l’accesso alla carriera di segretaria comunale. Carriera che sarà svolta quasi del tutto nel vicino centro di Rignano Garganico, considerato dal l’uno e dall’altro, come loro città di adozione, per antonomasia.
Qui sono conosciuti ed amati da tutti sino all’ultimo momento del pensionamento della moglie e di lui stesso. Il Pettolino, dirige prima il locale Centro di Salute Mentale (quello stesso che ad horas prenderà il suo nome) e poi il Servizio territoriale di diagnosi e cura psichiatrico , aggregato all’Ospedale “Umberto I”, non a caso considerato il terzo polo della provincia e l’unico all’avanguardia per quei tempi nel credere e mettere in essere la prassi basagliana, prima della chiusura definitiva, ope legis, dei manicomi.
I due coniugi, partecipano attivamente alle battaglie politiche e sociali degli anni’80 e alla condivisione delle relative opere, come la fondazione del “Bel Lombroso”, associazione che unisce famiglie e pazienti con l’intento di superare il gap del difficile inserimento di questi ultimi nella società. Ciò lo fa attraverso il volontariato, il lavoro e l’arte in senso lato.
Dal matrimonio nascono tre figlie, tra cui Maria Lea, che, come i genitori, dimostra da subito la sua inclinazione verso il sociale e la politica in genere. Con il pensionamento e l’abbandono dell’attività pubblica, spesso ognuno si isola, dedicandosi animo e corpo al privato. Per Antonio e Marilena non è stato sempre così, ma il loro ruolo si è arricchito di umanità, esercitando ognuno al meglio il pregnante ruolo di nonni e riprendendo semmai di tanto in tanto qualche loro antico hobby, sempre voluto ma mai coltivato durante la vita attiva per mancanza di tempo e concentrazione, come per esempio il ballo, la lettura e la cultura in genere. E per questo di tanto in tanto subito dopo il pensionamento di entrambi si dilettavano ad organizzare scampagnate assieme agli amici nel fondo incantevole di loro proprietà al “bosco” sulla S.P. Per Sannicandro Garganico, cui partecipò anche chi scrive e la sua consorte.
Conoscendo bene anche il potere dell’arte nella terapia della cura della malattia mentale, il Pettolino spronò i pazienti a mettere in pratica la loro creatività. Molti di loro ne trassero vantaggi consistenti, pienamente soddisfatti dei consigli del dottore.
Insomma, Pettolino era tutto questo. Con gli umili e i disgraziati, come i malati di mente, egli sapeva spendersi e comprendere. Molti di essi ne traevano vantaggio e spesso guarivano. Ecco, perché la sua lezione di vita e di professione resterà indimenticabile ed attiva nel ricordo nostro e delle future generazioni, grazie anche a questa meritata intitolazione.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.