Lello Vecchiarino, giornalista e già capo redattore de La Gazzetta del Mezzogiorno di Foggia, non c’è più. A darne notizia dettagliata è stato per primo Geppe Inserra su Lettere Meridiane. Eravamo amici e colleghi da una vita. Negli ultimi tempi ci sentivamo qualche volta per telefono e la sua comunicativa e voce per me era una consolazione per i miei guai di salute e nel contempo uno stimolo – spinta a fare sempre di più.
Fu lui a suggerirmi di abbandonare la cronaca degli avvenimenti a volare nel mondo della letteratura, dando sfogo alla mia innata creatività, quella appunto che ti spinge a raccontare i fatti, sia se nati dalla realtà sia inventati dalla fantasia. Da qui i miei due romanzi ed altri racconti. Dopo le prime esperienze giornalistiche su questo o quel giornale o periodico, ci siamo ritrovati alla “Stampa di Puglia” di Walter De Ninno, futuro capo Ufficio Stampa di Craxi. Lo fummo come redattori fissi del settimanale che, grazie al suo stille graffiante e nuovo di affrontare la cronaca era diventato in poco tempo il settimanale più letto di Foggia e provincia.
Dopo ci siamo ritrovati a La Gazzetta e dopo il cambio di guardia con Anacleto Lupo, mio primo maestro, ne prese il posto. Con lui in sella ci sentivamo in ogni momento, specie quando diventai corrispondente fisso de La Gazzetta da San Marco in Lamis, teatro di fatti e misfatti di un certo rilievo capitati nel Promontorio. In media un articolo al giorno. Tanto che in oltre trent’anni di miei scritti, assieme a quelli en passant rilevati nell’intero distretto si potrebbe realizzare una vera e propria enciclopedia.
Era sempre lui a chiamarmi per primo, quando qualche notizia veniva sorvolata o poco sviluppata. Come già detto da altri era un patito di racconti. Contagiò anche me in virtù di una scoperta fatta in paese su un presunto ‘erede – protagonisti’ di briganti. Costui si chiamava Domenico Muscarella, alias Menicuccio, ultimo eremita della Madonna di Cristo, insediamento benedettino di oltre mille anni fa passato poi come dipendenza dell’Abazia di San Giovanni in Lamis (alias convento di San Matteo).
Costui, sapeva tutto della zona, leggendo attraverso i ruderi e le testimonianze dei suoi avi impegnati come lui nella cura del predetto Santuario. Appena ricevuti gli appunti da me recapitatigli via telefono o di persona in redazione un certo giorno si presentò in paese e lo accompagnai all’abitazione di Menicuccio, che qui viveva ormai da tempo, impossibilitato a compiere gli atti quotidiani della vita, accudito amorevolmente dalla nipote Nunzina, non a caso detta “La Madonna di Cristo” (entrambi deceduti da tempo). Lo lasciò qui per effetto dell’”Ubi Maior, minor cessat”.
L’ospite si trattenne per oltre un’ora tra ripetizioni, ubicazioni e storie. Al termine, dopo avermi salutato, andò via ringraziandomi ed abbracciandomi. Dopo qualche tempo pubblicò sul tema un articolato racconto, favorito dal fatto anche che la vicina Grotta Paglicci, unitamente all’omonima riserva di caccia era stato teatro e rifugio negli anni ’50 – ’60 delll’800 del movimento brigantesco di Jalarde (Gabriele Galardi) e di “Lu Zambre” (Del Sambro) e dei ruderi, invece, covo di altre feroci masnade della provincia.
Con Vecchiarino e gli altri colleghi de La Gazzetta e di altre testate ci incontravamo per un certo periodo di persona durante gli incontri – annuali svoltisi nel Capoluogo e dintorni. Ed era per noi per davvero una grande festa. Unitamente alla presente testata chi scrive esprime alla famiglia la più stretta vicinanza e il personale ricordo, dicendoti: Addio, Lello, non dimenticherò mai i tuoi suggerimenti, né le rampogne, sei stato per me per davvero un fratello maggiore e un maestro di giornalismo!
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.