Caduta aereo, a Rignano Garganico nel 1964. Ora la parola passa ad un altro ragazzo dell’epoca, testimone oculare dell’accaduto. Si tratta del medico Antonio Parracino, già specialista ortopedico a Casa Sollievo, in pensione da pochi anni, che ci racconta l’avvenimento che segue, come se fosse ieri, mettendo in evidenza non solo la cronaca, ma anche ciò che aveva visto, con il calore dell’età, i sentimenti e le impressioni del momento.
Ecco il suo scritto:
“Avevo 11 anni e frequentavo la 1^media. Erano i primi anni dell’istituzione della scuola media a Rignano. Le aule erano dislocate in stabili diversi. Al piano rialzato ed unico, in quanto i piani superiori sono stati costruiti negli anni successivi, nello stabile di via G. Verdi era occupato dalle prime classi medie, le seconde e le terze occupavano le aule del palazzo Baronale di proprietà del dr. De Maio F.
Erano circa le ore 8,00 del 10 novembre 1964, Rignano era avvolto da una leggera nebbia e noi delle prime medie eravamo in strada in attesa di entrare in aula, quando improvvisamente abbiamo sentito vicino a noi un rombo di areo jet seguito istantaneamente da uno scoppio e da una fiammata in aria e successivamente una pioggia di rottami dell’aereo sul quartiere cosiddetto di Montelepre.
Nonostante siano passati tanti anni, il ricordo di quella tragedia in me è sempre vivo anche nei dettagli macabri che ho visto e che mi accingo a descrivere, ma senza che essi abbiano suscitati incubi e paure. Invece nei primi mesi dopo l’accaduto, il rumore di un aereo scatenava in me paura e una tachicardia inusuale.
Quella mattina io ed altri ragazzi non entrammo più a scuola ma mi recai subito nella vicina casa dove avevo lasciato da solo mio fratello più piccolo in quanto mia madre era andata a casa dei nonni per alzare mia nonna paralitica. Affidato mio fratello alla mamma mi recai nei pressi della fontana pubblica, al cosiddetto muretto e lì vidi il primo frammento di corpo umano consistente in pelle villosa, che io avevo pensato appartenesse al cane mascotte della famiglia Buttacchio (taschin), che aveva l’appalto della raccolta dell’immondizia con un carro trainato da un mulo che per lo spavento dello scoppio ha percorso via Roma a grande velocità e che avesse investito il cane, ma subito mi ricredetti. Vicino la fontana incontrai Antonio Martelli (Pappantonio) con un pacco di lenzuola ed asciugamani che mi disse “ Antonio, non avere paura copri con questi”. Ma il mio pensiero era di andare al cantiere del palazzo Gentile in costruzione dove c’erano gli operai di mio padre che quella mattina si stava recando a Foggia con il pullman della SITA.
Lungo il percorso vidi altri pezzi di corpo umano sparsi. Una mano che ho avuto l’impressione si muovesse ancora; davanti l’ex caserma dei Carabinieri vidi un pezzo di intestino e frammenti di tuta dei piloti; attaccato al muro grezzo della casa di Raffaele Ciavarella (nobbl) vidi un pezzo di fegato. Arrivato nei pressi del palazzo Gentile avvertii odore di carne bruciata e vidi uscire del fumo nel punto dove attualmente si trova la scuola media, allora era campagna. Mi recai sul posto e vidi un mezzo busto umano che stava bruciando. Altre persone avevano rinvenuto frammenti ed organi di corpo umano sparsi in tutto il quartiere di Montelepre.
Dopodichè andai a curiosare dove era avvenuto l’impatto dell’aereo che nel tentativo di risalire la valle Forestelle andò ad urtare contro una roccia che si trovava ad est e più in basso rispetto al Camposanto Vecchio. Riferisco un particolare che può spiegare la dinamica dell’incidente. Mio padre ed altri passeggeri del pullman al ritorno da Foggia, come descritto prima, non sapeva niente dell’accaduto ma ha riferito che lungo i tornanti hanno sentito un rumore di aereo molto vicino al pullman quasi a toccarlo.
Da questo si deduce che l’aereo non volava in orizzontale. Un pezzo dell’aereo, consistente nel motore, aveva impattato e si era fermato contro il muro est del Camposanto Vecchio, un grosso masso di roccia era stato sollevato e scaraventato contro una casa sita nell’attuale via Puccini, un altro grosso masso era stato scaraventato ed era caduto sul balcone, danneggiandolo, della casa di Ciavarella (nobbl) abbattuta e ricostruita difronte l’attuale ufficio postale”.
Riguardo all’aereo, il testimone, oltre ad assicurarci che si trattava di un G91 Fiat della Scuola di Volo, da poco giunto in Amendola con le sue dimensioni modeste e snelle rispetto ad altri velivoli dello stesso genere. Pur non avendolo mai visto volare né al momento né prima, ne acquisisce la certezza alcuni mesi dopo la “disgrazia”. Si trovava, infatti, a bighellonare sui prati del podere dell’Ente Riforma del nonno omonimo, quando ad un tratto avvertì. il rombo di un aereo dapprima leggero e poi sempre più insistente e assordante.
Ad un tratto i suoi occhi curiosi, fissi al cielo, notarono un piccolo aereo a due posti che volava basso, come se si volesse farsi notare e incantare il pubblico di terra. Di certo uno di essi era un allievo. “Oltre al suo dimenarsi su e giù gli girava attorno” gli dice l’interlocutore, cercava di impressionarlo con le sue azzardate giravolte sino a quando lo vide a grandezza naturale. Aveva le ali a punta e il muso colorato di giallo. E poi, mentre riprendeva quota, notò dall’uno e l’altro sportello la fuoruscita di due mani guantate che si muovevano in segno di saluto verso di lui, unico spettatore.
Cosicché, In seguito a questi episodi, anziché provare spavento e stare lontano, il futuro medico si accanì per saperne sempre di più. Tant’è che per qualche tempo frequentò l’associazione di aeroclub e non mancò mai agli appuntamenti delle Frecce Tricolori, come quello che si svolse nei cieli di Amendola alcuni decenni orsono, richiamando sul posto un gran numero di suoi compaesani, invitati da persone amiche che non ci sono più e dal colonnello e cappellano capo “Padre Eugenio”, alias Antonio Resta, simpatica ed attiva faccia di frate, con un invidiabile curriculum trascorso non solo in Aeronautica militare e nella Finanza, ma anche nella vita religiosa e culturale, facendosi stimare e volere bene in ogni dove. Tra l’altro, finanziò il libro “Padre Pio e Rignano” di chi scrive (1e 2009 e 2e.20010) e presidente e fautore principale del comitato pro Statua gigante di San Pio in località Croce ad un tiro di schioppo dal paese, progetto ben visto dal Vaticano e dai Frati Cappuccini e condiviso dalle autorità e penne di levatura nazionale.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.