Di seguito la seconda parte del racconto La Gigantessa, tratto dal romanzo “Il giornale di scavo” di Arturo Palma di Cesnola: <<…Come prevedevo, ed anche un po’ paventavo, l’amore è scoppiato tra la Gigantessa e l’Orlandini. Certo che li pavento, questi amori agli scavi: son come droghe, agiscono sulla psiche, e questa, obnubilata, influisce a sua volta sul rendimento nel lavoro. Sguardi assenti, dimenticanze, lentezze, approssimazioni, pasticci.
L’allegria soprattutto: è la prima ad andarsene. Subentra una specie di euforia, che però dell’allegria è un pessimo surrogato. Perché s’impossessa non di una sola parte, ma di tutto te stesso; non si contenta di un brandello di giornata, si prende l’intero tuo tempo. Non ti son concesse pause di sorta: puoi dirti un impiegato senza ferie.
Da qualche giorno la Gigantessa ha movenze meno angolose, quasi più nessuno scatto. Più che camminare, striscia: una vera pitonessa. Povera di parole e anche di riso, sembre chiusa alle tempie da una cuffia stereofonica, costretta all’ascolto di un programma di musica senza fine: Bach, Mozart, Schuman; eppoi ancora Bach, Mozart…Se la chiami, ti risponde da lontano, come sorpresa che tu ti rivolga a lei, che tu desideri qualcosa da lei.
Addio, Gigantessa: assieme alla coscienza del tuo corpo eborme, della tua voe stentorea, hai dimenticato il motivo stesso che ti ha condotta qui anche quest’annl agli scavi. O forse no: reconditamente, tra le pieghe del tuo animo ià si annidava un pensierino, appena un vermiciattolo a paragone della mole del tuo entusiasmo quasi feroce per la Scienza. Lo scavo, si è vero, è sempre na grande avventura, ma anche gli ometti un po’ lo sono. Non è così?
Per Orlandini è tutt’un altro discorso. Lui è il bamboccio che si lascia adorare. Per i suoi meriti, beninteso, oltre che per essere un bamboccio che si lascia adorare. Per lui è come essersi portata anche la mamma in trasferta. Una mamma grande grande, su cui è lecito schioccare baci anche un po’ carnosi.
Via, che senso mi fanno questi amori da scavo, tanto si sa che nessuno si è mai accasato, seriamente accoppiato, in conseguenza di una campagan archeologica. Casi rarissimi, eccezionali. Di norma, quando una campagna si chiude, l’incanto sùbito è dissolto. Cala il sipario sul mondo favoloso della Preistoria, si mettono i lucchetti al cancello della grotta, si parte, e si rientra ognuno nella propria dimensione abituale. Le Gigantesse torneranno alle loro bene ordinate banche, gli Orlandini ai loro pazzi, vuoti conati di fronte a un’Università dalle porta eternamente chiuse.
A chi, a che servono allora questi amori? Questi Sali aromatici concentrati in pochi giorni, questi deliri tuffatinel caffelatte del mattino, sospesi agli olivi lunari delle sere: che nemmeno poi posson esser sempre lunari.
Servono a nulla, ad aggiungere un’altra salsa a un cibo già fin troppo piccante. Te ne resterà solo una bocca molta amara…>>
(A.Palma di Cesnola, pp. 71-72, de “Giornale di scavo” a cura di Angelo e Antonio Del Vecchio, marzo 2020)
- B. Nella foto, l’autore, da giovane.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.