Il presidente del Circolo Culturale Giulio Ricci di Rignano Garganico, Angelo Riky Del Vecchio, accoglie la richiesta del sindaco Luigi Di Fiore (così come dichiarato oggi ai colleghi de L’Attacco) di non fare guerre sul giacimento paleolitico di Grotta Paglicci.
“Così come già riferito in un colloquio telefonico con il neo-assessore Antonio Aniceto – spiega Del Vecchio – siamo disponibili al confronto sereno con la Pubblica Amministrazione di Rignano relativamente alle misure di rilancio e di valorizzazione dei reperti preistorici rinvenuti nella Rotte de Jalarde (Grotta Paglicci), come la chiamano i locali. Siamo dell’idea che per rilanciare il giacimento c’è la necessità di mettere in rete tutte le anime che da sempre si occupano del sito, giovani, adulti e anziani; Paglicci è un bene della collettività e non può essere ad appannaggio di pochi. Pertanto attendiamo l’invito del primo cittadino a sederci tutti assieme attorno ad un tavolo e ad iniziare a lavorare per il bene del paese; speriamo non siano solo promesse di facciata”.
“Non ci interessa gestire il Museo, come non ci interessa avere alcun tipo di incarico dal Comune – aggiunge il presidente del Circolo Ricci – ma abbiamo a cuore che venga messa in sicurezza la grotta per permettere le visite guidate al suo interno e soprattutto la ripresa degli scavi da parte dell’Università degli Studi di Siena, che se n’è occupata finora, o di altri Atenei italiani e stranieri. Aprire il Museo, tuttavia, rimane una priorità necessaria, attendere ulteriore tempo perché finiscano i lavori (che devono ancora partire), per noi potrebbe essere controproducente. E questo perché conosciamo la lentezza dei lavori pubblici in Italia e la possibilità di vederli bloccare per qualsivoglia motivo”.
“Il sindaco ha una grossa gatta da pelare a nostro avviso, ma deve rendersi conto che un bene così prezioso ha bisogno di essere conosciuto e valorizzato; non si può più attendere oltre” – conclude Del Vecchio, che chiede anche al Comune di attivarsi perché vengano riconsegnati ai Rignanesi i reperti rinvenuti in grotta e custoditi impropriamente oggi presso il Museo Archeologico Nazionale di Manfredonia e presso i centri di ricerca dell’Università di Siena: “il mondo ha necessità di conoscerli, chiusi in scatoloni o in teche di vetro e messe a disposizione di pochi soggetti non è più immaginabile in un’epoca in cui l’immagine, la condivisione e la comunicazione sono tutto”.
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