Anche la comunità rignanese si associa al ricordo della figura ed opera di Francesco Paolo Borazio (1918 – 1953), socialista ante litteram, come lo era d’altronde la sua intera famiglia di origine e sangue prettamente sammarchese. Tanto accade a quasi centocinque anni dalla sua nascita.
Non a caso la sua unica creazione poetica completa, Lu Trajione, del genere eroico-comico è scritta in vernacolo sammarchese ed ispirata a vicende del luogo. Ciononostante è ritenuto, grazie alla pubblicità dell’omonimo volume, curato a suo tempo da Michele Coco (docente di Lettere di lungo corso e preside di prima grandezza nei Licei, nonché poeta e critico, anche lui); Antonio Motta (raffinato scrittore-saggista-critico ed amico di grandi letterati; tra l’altro, di Leonardo Sciascia) e di Cosma Siani (docente universitario in quel di Roma – Tor Vergata, saggista e “tusianista”) pubblicato, per i tipi di Quaderni del Sud”, nel 1977 cui seguì, nel 1982, “La preta favedda” (l’eco), raccolta di poesie, prefata da Tullio De Mauro, di cui furono curatori Sergio D’Amaro, Antonio Motta e Cosma Siani.
La prima opera in menzione ebbe una vasta eco nella critica nazionale, per la sua originalità ed espressività, paragonata da molti ai più grandi poeti dialettali del Novecento Italiano, a cominciare da Pascarella, Trilussa, Di Giacomo e quanti altri. La ‘eroicomicità’ de Lu Trajione sta nel fatto che l’autore è un auto-didatta cresciuto alla lettura di testi scolastici, tipo i poemi Orlando Furioso ed altri e di geografia regionale. Testi che gli permisero da subito di sollecitare e sviluppare il suo talento nascosto di poeta – letterato. Sicuramente, se fosse vissuto più a lungo, avrebbe partorito innumerevoli altri capolavori singolari.
Quella de Lu Trajione, come tema di riferimento e contenuto, non è un ‘opera a sé stante’, ma è la versione sammarchese in chiave satirica di un richiamo al mostro-drago che si raccontava ai bambini di un tempo in tutto il Gargano. Pertanto da un luogo all’altro si hanno delle significative varianti. Varianti, però, che non hanno avuto la medesima fortuna di quella sammarchese, proprio perché non hanno avuto autori della valenza di un Borazio, ma relegate per lo più alla ripetività popolare.
Per esempio a Rignano il racconto ha per titolo “Lu ‘ntravone inte la macchjie”, ossia il Dragone dentro la siepe (si veda racconto in appendice, estrapolato dal volume e-book di chi scrive “Don Leonardo Cella, dal paese al mondo salesiano”, Roma, Maritato Group, 2010).
Il Borazio oltre ad esercitare prima il mestiere dello spaccapietre e poi dell’imbianchino, si dilettò a tempo perso a fare il disegnatoree il pittore ad acquerello. Produsse alcune opere significative finite in mano privata. Tra l’altro, lo stemma del Partito Socialista Italiano post bellico, ossia “Falce e martello sul libro aperto”. Anche in questo caso fu sospinto dalla sua radicata fede nei valori ed ideali socialisti. Tanto si poteva ammirare fino agli anni pre-tangentopoli nella locale sezione del partito socialista sita in Corso Matteotti. Sarebbe importante rintracciare queste opere, compreso l’anzidetto simbolo, e semmai allestire una mostra ad hoc, allo scopo di celebrare con maggiore dovizia di argomenti e primizie rispetto a quanto già fatto in occasione del centenario della nascita questo grande poeta e politico socialista.
Della famiglia fu assai attivo nel partito di Nenni e Pertini, il fratello del nostro personaggio, Antonio, che gestì tra l’altro per parecchi anni una edicola per giornali , collocata proprio all’angolo del frequentato Viale Madonna delle Grazie. Altrettanto, i figli di quest’ultimo, ispirati dalle idee del medesimo partito, cavalcarono l’onda del rinnovamento politico della sinistra, insorto dopo il ‘68 con la nascita dei cosiddetti partiti extraparlamentari che ebbero una forte eco ed emulazione anche a San Marco.
La conoscenza del Borazio – politico è assai importante, specie se la si paragona con la poetica e le opere dialettali di un altro autore locale, schierato però sul fronte opposto, cioè tra quelli che avversavano e sfottevano i Socialisti. Il principale riferimento è a Francesco Saverio Napolitano, alias don Saverio “Muschidde” medico che, dopo la “disgrazia”, operò per un certo periodo sino agli anni’40 anche a Rignano Garganico, dove lasciò innumerevoli e scherzose battute che si raccontano ancor oggi.
Quelle più sarcastiche e piccanti diventarono ‘pane quotidiano’ di scambio con l’altro accanito e non di meno ironico corrispondente, quale fu il notaio Massimo Tardio, suo compaesano. Di questo e di altro si è già scritto.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.