Corigliano Francesco Paolo ((1702-1782), sposa donna Vittoria Corigliano (1704 – 1757) e diventa genitore di Vincenzo, di Michele (nato morto), di Rosalia (1740 + ?), di don Rocco (1741 -1769), sacerdote. Della figlia Rosalia, la cronaca racconta che prima di sposarsi con il duca di Castelpizzuto, dona alla Madonna del Carmine un corpetto ricamato in oro (Platea del 1763).
Il barone Francesco Paolo, fa la spola tra Rignano e Napoli, in quanto per 21 anni di seguito, assolve la nobile mansione di segretario particolare di Tanucci, il potente primo ministro di Carlo III di Borbone. Durante il suo mandato rifornisce la reggia di ogni ben di dio, proveniente dalle sue masserie.
Sull’esempio di altri blasonati, provvede a trasformare la sua dimora di Rignano da Castello medievale a Palazzo, inglobando il tutto in una facciata di stile barocco, con portale in pietra “mandorlata” già usata per la realizzazione della reggia di Caserta. La data “1765” impressa sulla chiave d’arco del portale interno al cortile ne testimonia il poderoso intervento architettonico.
Dopo la morte di Francesco Paolo a prendere il titolo di barone è il figlio Vincenzo, che sposa donna Laura Pagano, nobildonna lucerina. Dal matrimonio nascono i figli: Domenico Antonio (cavaliere di Malta, noto e rinomato maestro e compositore di musica), Ferdinando e Filippo (benedettini a Montecassino), Salvatore (Cavaliere Gerosolimitano che sposerà donna Giovanna dei marchesi Caravita).
I restanti figli del barone Vincenzo sono: Vittoria (omonimo nome della nonna), che si mariterà conil conte Giovanni Tosti e Luigi Corigliano (marchese e intendente di Capitanata), che sarà sposo di Maria Michela Del Pezzo dei Duchi di Caianello. Il nipote del barone, Vincenzo, come si dirà, assumerà il titolo di ‘marchesino’ (futuro marchese) e nel 1829 rivestirà la prestigiosa carica di Ricevitore Generale della Reale Cassa del Tavoliere.
Riprendendo il discorso su Vittoria va precisato che è proprio lei la stessa, ad accompagnare al Monastero di Montecassino il 9 maggio 1819 il piccolo conte Luigi, rimasto orfano del padre, appena bambino, assieme al fratello Massimino, il futuro giudice dei duchi di Valminuta. Lo affida alle cure dei monaci, in particolare ai fratelli Ferdinando e Filippo.
Vittoria aveva sposato a Napoli il conte Giovanni Tosti ai primi dell’800, dove la famiglia di lui, originaria di Cosenza, si era trasferita da Gaeta, per via dei saccheggi compiuti in quelle terre dalle truppe francesi. La famiglia Tosti era stata insignita del titolo nobiliare sin dal 1736 da Carlo III di Borbone. Ecco, in sintesi, le principali notizie riguardanti la figura e le opere dell’illustre storico ed abate cassinese.
Ecco le restanti notizie su Luigi Tosti, figlio di Giovanni e della rignanese Vittoria Corigliano. Egli nasce nel Capoluogo partenopeo il 13 febbraio1811, al quale vengono dati i nomi di Giuseppe, Maria, Luigi, Donato. Tuttavia si farà conoscere con il solo nome di Luigi. A vent’anni, nel 1831, è il giovane Tosti a chiedere di fare il suo noviziato a Roma, in San Paolo. Completati gli studi , riceve l’ordinazione sacerdotale nel 1833. Tornato a Cassino, diviene lettore e insegnante di teologia all’Abbazia.
In Montecassino, Luigi Tosti, concepisce nell’anno 1844 il disegno di fondare il periodico “L’Ateneo Italiano”*. Montecassino doveva essere la sede della rivista. Con “L’Ateneo”, intende raccogliere sotto il pensiero guelfo le più insigne intelligenze dell’epoca e fa della storia, della letteratura, della filosofia, delle scienze, le leve attraverso le quali si deve e può giungere all’Unificazione del territorio Nazionale. Collaboratori della rivista sono Vincenzo Gioberti, Silvio Pellico, Alessandro Manzoni, Cesare Cantù, Antonio Rosmini e Simplicio Pappalettere. I primi studi degni di rilievo si hanno con i tre volumi della Storia della Badia di Monte Cassino, editi tra il 1842 e il 1843, e con la monografia di Bonifacio VIII del 1846.
Qui il Tosti matura il suo volume: “La Storia della Lega Lombarda” è una delle pubblicazioni del Tosti fra le più drammatiche ed ardenti, la dedica al Pontefice, è una esaltazione di patriottismo: “Restituiteci o Beatissimo Padre, la bandiera che il terzo Alessandro nel dì del trionfo sospese al sepolcro del Beato Pietro: restituite ai nostri nepoti il retaggio degli avi, ecc.”. Per i seguaci il testo diventa un vessillo del Risorgimento. Per i conservatori, l’Abbazia di Montecassino è ritenuta “ un covo di sovversivi”. In proposito il Croce precisa che la presunta «tendenziosità» apparterrebbe ralla «forma più alta», in quanto i suoi maggiori esponenti (secondo il filosofi non meno fermi patrioti e liberali»)
Nel 1848 pubblica Il veggente del sec. XIX, un opuscolo politico d’ispirazione giobertiana. Essendosi adoperato in virtù di siffatti scritti per ottenere l’abbandono da parte del Papa del potere temporale e scongiurare nel contempo la spedizione francese, lo stesso anno è costretto ad emigrare in Toscana. Ritorna a Montecassino nel 1850, riprendendo i suoi studi di storia. Vengono fuori: nel 1851, Storia di Abelardo; nel 1853, Storia del concilio di Costanza; nel 1856, Storia dello scisma greco; nel 1859, La contessa Matilde e i Romani pontefici.
Dopo il 1870, rivolge tutti i suoi sforzi a realizzare la soluzione della questione romana, incoraggiando un incontro chiarificatore tra il papa e il re. Lo ritenta invano nel 1887 con il suo autorevole intervento di mediazione e soprattutto attraverso un suo opuscolo, intitolato appunto “La Conciliazione”, sconfessato subito sia da Papa Leone XIII sia da re Umberto. Ritorna agli studi e corona la sua attività con la Vita di S. Benedetto (edita nel 1891). Nel periodo 1886 – 1889 le Opere sono raccolte e pubblicate in 19 volumi. Muore nell’abbazia il 24 settembre del 1897.
Giornalista, scrittore e storico. Ha al suo attivo una cinquantina di pubblicazioni su tradizione, archeologia e storia locale.